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cammino di santiago - roberto pesenti

09/09 Reotiér – Baratier

(Camping Les 2 Bois)
24km

Stanotte niente cinghiali, così come niente padroni con cani a venirmi a sfollare. Solo freddo, mille rumori e attimi di terrore degni del peggior incubo
Potrei scrivere il contrario, raccontare che a un certo punto ho capito che le mie paure erano infondate e che mi sono rilassato, ma non è andata così. Mi sono addormentato per sfinimento, tanto per la stanchezza dovuta alla tappa, quanto per la paura che mi ha fatto tremare per buona parte della notte.

Se è davvero per “sbocciare” che ho intrapreso questo viaggio, per far fiorire il meglio di me, questo significa anche confrontarmi con i miei limiti, le mie debolezze, le mie miserie, sperando poi di superarne qualcuna.

Diciamo che, in questo caso specifico, aver comunque affrontato l’esperienza che più mi spaventava è stato un primo passo, e già so quali potrebbero essere quelli successivi, ma credo che li affronterò al termine del viaggio.
Il motivo è che le mie energie non sono infinite, e notti tese come questa potrebbero rischiare di indebolirmi su più fronti. Non sono qui per imparare a diventare un campeggiatore esperto, ma perché ho una meta da raggiungere.
Prendo quindi la decisione di usare la tenda solo in contesti “protetti”, come campeggi o luoghi privati per cui sono prima riuscito ad ottenere l’autorizzazione.
Non è segno di audacia, ma ognuno fa i conti con quello che è, in funzione delle sue priorità.

Sembra ancora notte quando decido di far colazione, risistemare tutto e partire. Il cielo è splendidamente stellato e la montagna di fronte a me sembra scolpita dalla luce della luna. In pochi secondi, la calma e la primitiva bellezza di questo momento riescono a restituirmi la pace persa nelle ore prima.

Torcia in fronte, scendo lungo la buia strada asfaltata fino a raggiungere Saint-Clément-sur-Durance. Sembra un bel bel paese, ma lo attraverso quando ancora le uniche luci sono quelle dei lampioni. Solo a valle, mentre cammino per un breve tratto lungo la statale, l’aurora comincia a rubare posto alla notte.

La prima salita della giornata mi porta a circa 1200 metri d’altitudine, attraverso uno stretto sentiero ghiaioso spesso totalmente esposto. La vista è ampissima e mi regala un grande senso di libertà. Mi sento a mio agio, al mio posto. La bellezza di questa valle mi incanta e mi ispira reverenza e gratitudine: quello che mi circonda non mi appartiene, ma mi fa sentire accolto.

Torno a scendere, stavolta fino a Cheteauroux-les-Alpes, altra gradevole cittadina. È molto difficile per me riuscire a descrivere a parole la bellezza degli edifici che sto incontrando. Pur chiaramente diversi tra loro, in alta montagna come a valle, nei comuni più grandi come nei piccoli agglomerati sparsi, riconosco un gusto armonioso nelle forme, nei materiali e nei colori che è talmente diffuso da lasciarmi stordito.
Il degrado sembra essere solo una rara eccezione, anche nella sua forma più comune. Il mio sospetto è che passare per lo più da sentieri ben studiati mi eviti aree dismesse o meno curate, o semplicemente banali, ma non so dirlo per certo. Quello che so è che mi piace moltissimo quello che vedo, e un po’ mi rode pure, confesso. Pura invidia per gli eterni cugini.

Una nuova salita abbassa l’interruttore dei pensieri contemplativi e riaccende i motori; altri 300 m di dislivello tra campi e fattorie, ancora una volta senza vegetazione che mi ostacoli la vista. Il cielo ora è invaso da nuvole, ma non me ne faccio un cruccio.
La sorpresa è che, a un certo punto, pur lentamente, tra di esse inizia ad aprirsi un varco, attraversato subito da una vera lama di luce. Destinataria di quel fendente è una sola casa in tutta la valle e la suggestione mi ammutolisce.
Ma l’emozione vera arriva quando, dopo un chilometro o poco più, divento io “l’illuminato”, letteralmente! Mi godo il gran bacio del sole e sorrido da solo con gusto, come spesso mi sta capitando fin dall’inizio del cammino, al di là di ogni inconveniente.
L’intimità con la natura, i suoi elementi, i suoi fenomeni, con il mondo vegetale e quello animale sta aumentando in continuazione. È uno dei risvolti migliori di questa esperienza. Così come il fatto che mai, davvero in nessun caso, provo una sensazione di solitudine mentre cammino nella natura, e questa è una scoperta che per me è davvero inestimabile.

Arrivato all’apice altimetrico del percorso di oggi, circa 1300 m, comincio la discesa che mi porterà ad Embrun, 400 m più in basso, posta al principio del lago di Serre-Ponçon.
Studiando il percorso, noto che lambisce lo specchio d’acqua solo per un istante, per poi inerpicarsi di nuovo tra i monti. In realtà, però, è solo per farmi raggiungere un luogo particolare (punto di passaggio della tappa di domani), dopodichè si ritufferà fino a valle e mi farà attraversare il lago in corrispondenza di un lungo ponte, per poi risalire – e non di poco – per la stesso versante da cui sto arrivando ora.
Ormai non ho dubbi sulle meraviglie che incontrerò lungo la Via Domitia, ma devo metterci tanto autocontrollo per non ridisegnare a modo mio la rotta. La decisione che ho preso, infatti, è quella di accettare questo GR per quel che è, ma è tutto da vedere se c’è la farò a resistere.

Embrun si rivela una cittadina con un centro molto bello e vivo. Capito, tra l’altro, in giorno di mercato, con le piazze ben gremite. Tutti portano la mascherina e non si percepisce un rischio particolare. Non mi dispiace affatto trovarmi in mezzo ad altre persone, ogni tanto. Giro un po’ a zonzo, giusto una decina di minuti, perché so che non mi fermerò qui oggi. Non sono ancora sicuro della mia destinazione, ma ho adocchiato sul web un paio di campeggi a pochi chilometri.
Prima di avviarmici, passo dalla cattedrale, purtroppo chiusa, poi faccio un po’ di spesa e mi fermo su una panchina all’uscita del paese per pranzare.
Me la prendo comoda, mi pare un giusto premio dopo 20 e più chilometri già percorsi, ma soprattutto con dislivelli degni di un trekking in piena regola. La dura notte passata sembra un lontano ricordo, e il fisico a quanto pare non ne ha patito come pensavo.
Riparto quindi a stomaco pieno e piedi leggeri, per così dire. Ho scelto di arrivare fino a Baratier, presso un campeggio economico, poco fuori dalla mia rotta.

Una volta sul posto, mi accodo ad un altro cliente fuori dalla reception, mentre aspettiamo l’orario di apertura. Passa mezz’ora, ma nessuno si presenta. Scambiamo due parole, facendo una minima conoscenza. Si dimostra molto gentile nei miei confronti, e la cosa – sorprendentemente – quasi mi commuove. Mamma mia, come sono diventato emotivo! Poco dopo scegliere di prendere iniziativa e chiama il numero indicato per le emergenze. Pare che la proprietaria sia bloccata per delle commissioni fuori paese, ma ci autorizza a prender posto. Scegliamo due piazzole vicine. Confermandosi persona squisita, mi offre addirittura di attaccarmi alla sua presa elettrica, poi parte con la moglie a fare un giro in mountain bike nel circondario. Io monto la tenda e, nel frattempo, mi gusto per un lunghissimo minuto le acrobazie di uno scoiattolo che salta tra un albero all’altro, come mai avevo visto in vita mia se non in qualche film della Disney.

Mentre poi lavo i miei panni, sopraggiunge la proprietaria, tornata dai propri impegni. Ha una solarità splendida, cosa non poi così frequente in questi giorni per me. Si scusa per il ritardo e insieme andiamo in reception per saldare. Conferma la mia prima impressione, dimostrandosi particolarmente paziente mentre farfuglio qualcosa che dovrebbe somigliare alla sua lingua. Alla fine, sinceramente entusiasta del mio progetto di viaggio, sceglie addirittura di offrirmi la nottata, cosicché pago solo il gettone per l’asciugatrice. La ringrazio infinitamente, sbalordito e commosso.

Tornato alla piazzola, dedico qualche ora al riposo e a studiare la tappa di domani. Il fatto è che non mi sono preparato per niente sull’attraversamento della Francia. Non ho nemmeno provato a leggere la guida, niente. La scoperta di quanto duro fosse questo tratto l’ho fatta arrivandoci. Anzi, a dirla tutta ora riaffiora nella mia mente il ricordo di una telefonata con Danilo…

Danilo è uno dei miei “angeli custodi”, proprio come Sara e Fabio.
Scoprii chi fosse cercando sul web proprio nei giorni della mia grande decisione. Partendo da casa sua, in Veneto, era già sulla via di Santiago de Compostela, con due mesi in anticipo rispetto a me.
Attraverso il suo sito (thepilgrimfox.com) riuscii a metteremi in contatto con lui. Ricordo ancora quella prima lunga telefonata in cui gli esposi tanti dubbi e lui mi rispose con pazienza ed entusiasmo, già calato nel vivo del suo grande sogno. Da allora ci sentiamo regolarmente e condividiamo la gioia dei nostri passi, sostenendoci a vicenda.
Se la meta è la stessa per entrambi, però, la via per raggiungerla è molto diversa. Dani ha scelto di percorrere la Via Postumia, che unisce Aquileia a Genova, e da lì continuare lungo la costa, per poi collegarsi alla Via Tolosana. Se non ricordo male, però, è poi sceso sulla rotta del Piemonte Pirenaico, arrivando a Saint-Jean-Pied-de-Port e affrontando da lì il Camino Francés. In questo momento dovrebbe trovarsi a un passo da Burgos. Con le sue gioie e le sue fatiche mi ha aiutato ad affrontare questa avventura col passo giusto, e fin da allora continua a farlo.

Mi è venuto in mente oggi perché, quando io ero appena partito e già dovevo vedermela con i dolori al ginocchio, lui mi raccontò di una certa Alessandra, coraggiosa pellegrina partita da Milano, addirittura senza cellulare. Lei gli spiegò di essere passata proprio dalla Via Domitia, e di quanto incredibilmente dura fosse stata. Evidentemente avrei dovuto ricordarmi meglio quelle parole. Anzi, in realtà va bene anche così com’è andata e sta andando, perché in ogni caso sto facendo tutto quello che posso.

Arrivata l’ora di cena, consumo in tenda il menù di oggi: pane, sardine in scatola e formaggio di capra. Frugale, ma gustoso.
Sto facendo di tutto per contenere le spese senza rinunciare ai nutrienti di cui ho bisogno. Quando entro nei supermercati, mi intrattengo molto più di quanto non faccia normalmente in Italia. Ho bisogno di tempo per scegliere bene cosa acquistare. All’ingresso, a volte, mi viene chiesto di lasciare lo zaino, ma in qualche modo riesco sempre a convincerli di lasciarmelo portare. Ho il terrore che non se ne prendano cura, e che qualcuno ne approfitti. Gli altri clienti mi guardano spesso straniti, anche se per la maggior parte di loro sono come invisibile, ma credo sia semplicemente la norma della nostra società. Alle casse, quando l’ho potuto tenere indosso, mi viene chiesto di aprire lo zaino. La reputo una cosa legittima, anche se la fatica di toglierlo e tenerlo sollevato per mostrarne il contenuto me la risparmierei volentieri. Di quando in quando, azzardo sorrisi che sostituiscono le battute che non riesco a tradurre, ma purtroppo non producono quasi mai empatia.

Non mancano persone dolci e generose come la proprietaria del campeggio o il mio vicino di piazzola, ma la lunga catena di micro-difficoltà quotidiane mantiene ben nutrito il mio disagio.
Sto capendo profondamente quanta fame io abbia di relazionarmi in maniera sciolta e distesa con altre persone. Allo stesso tempo, ogni giorno mi è sempre più chiaro quanto conti riuscire a parlarsi, poter dialogare: una delle innumerevoli cose che siamo usati a dar per scontata. Talvolta, le mie piccole disavventure mi portano per qualche istante ad immedesimarmi con persone mute, oppure emigranti che non conoscono altra lingua che la propria. So bene di essere in condizioni enormemente più privilegiate, lo tengo bene a mente, ma lascio comunque vivere in me queste suggestioni un po’ dolorose perché le sento preziose.

Imbacuccato nel sacco a pelo, tra gli scricchiolii del materassino e il cuscino che scivola sempre via, arriva anche oggi l’ora di dormire.
Buonanotte, mondo! Grazie di ospitarmi.

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Categorie:

Francia, Hautes-Alpes, PACA