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cammino di santiago - roberto pesenti

15/10 Bruges-Capbis-Mifaget – Oloron-Sainte-Marie

(L’oustal)
39,5km

Jesus arriva perfettamente puntuale, svegliando però anche il povero Yann. Questi però, anziché restare a girarsi sotto le coperte, ne approfitta per venire un istante a salutarmi, confemandosi persona davvero gentile.
Lasciato l’amico pellegrino, arriviamo al bar in pochi minuti e subito Jesus mi prepara la colazione. È ancora troppo presto per partire e decido di aspettare con calma almeno le 7:15, ragionando nel frattempo sul percorso di oggi.
La piccola guida usata nei giorni precedenti ha ormai concluso la sua funzione, così decido di comporre la tappa in maniera abbastanza creativa: per i primi dieci chilometri seguirò delle dritte appena ricevute dall’oste e da altri clienti, poi continuerò a grandi linee lungo il GR78.
Mi sperimenterò su una distanza che non ho mai percorso in un solo giorno, ma non sono spaventato. Non ho potuto ridurre il chilometraggio perché diverse accoglienze per pellegrini nei paesini tra Bruges e Oloron-Sainte-Marie sono chiuse, sempre per il solito motivo. A mio favore, comunque, ho tutte le energie guadagnate da quando ho rispedito la tenda e il materassino; per non parlare del tempo, che oggi dovrebbe essere magnifico. Dopo la pioggia presa ultimamente, non c’è cosa che mi possa fare più piacere.

Saluto la combriccola del bar e parto con la torcia frontale impostata sulla solita lucina rossa. All’uscita dal paese, un grosso signore sta fuori dalla porta di casa a fumare una sigaretta. Mi sorride e mi chiede dove stia andando. Nomino la meta finale e gli spiego il consiglio ricevuto poco fa sulla strada migliore da prendere. Lui ascolta con attenzione e mi dà il suo benestare, augurandomi “Bon courage!”. Un ottimo inizio.

Cammino per circa un’ora lungo una strada asfaltata immersa tra campi collinari senza nessun tipo di luce artificiale. Tutto comincia a schiarirsi solo quando ormai ho raggiunto Lys, il primo paese. Svolto e proseguo tra campi di granturco, anche se sempre su asfalto, incontrando solo qualche rara abitazione. Gli edifici da queste parti mi paiono sobri ma tendenzialmente ben curati, in certi casi anche abbastanza eleganti, soprattutto visto il contesto rurale.
Mentre ormai si è fatto giorno, mi lascio i campi alle spalle e salgo tra prati e pascoli, in un panorama tutto ondulato e pacificante.

A Sévignacq-Meyracq avrei l’opportunità di collegarmi al GR78, ma scelgo di evitare una salita un po’ fine a sé stessa e raggiungo Bescat dalla strada a mezza costa. Scendo poi in una larghissima vallata, dalla quale posso gustarmi una splendida vista sui Pirenei.
Proseguo infine tra numerosi pascoli, fino a spuntare su una strada dipartimentale. Pur non avendo molto spazio per camminarci a lato, è abbastanza godibile perché costeggia deliziose ville immerse in giardini enormi.

Una volta a Buzy, mi compro una baguette e – per la prima volta – dell’affettato fresco: da settimane, infatti, ne mangio solo di confezionati, per il semplice fatto che si mantengono più a lungo fuori dal frigorifero. La cittadina è semplice e molto ben tenuta. Ritrovo i caratteristici tetti in lose, che ormai posso confermare essere una costante qui a ridosso della grande catena montuosa. Come in alcuni altri paesi, gli infissi sono a volte colorati in maniera vivace, spezzando efficacemente il grigiume con mia grande gioia. Noto inoltre che, curiosamente, sia nei giardini che a lato di alcuni campi, ci sono spesso delle palme. Probabilmente è una moda recente, comunque non stona troppo.
Il paese non è piccolo come pensavo e, man mano lo attraverso, mi convinco sempre più che sia un luogo di ottima vivibilità. Passo di fronte a una bella chiesetta e poi ad una scuola elementare, proprio durante l’intervallo. I bambini sono tantissimi: giocano e urlano come matti. Sugli scalini d’ingresso le maestre li tengono d’occhio, approfittando anche per prendere un po’ di sole. Le saluto con la mano ben in alto, per il semplice gusto di farlo: mi succede sempre quando cammino di buon umore. Purtroppo anche loro finiscono dritte nel girone dei musoni, ma non mi importa.

Raggiungo il vicino comune di Buziet percorrendo una suggestiva via tra i campi, delineata da un muretto in pietra. Ho un ottimo slancio, così mi concedo una breve visita al paese. Appare un po’ meno vivace del precedente, ma per il resto mi trasmette le stesse sensazioni. È davvero un bel territorio.

Dopo un paio di chilometri lungo un sentiero dritto e sterrato in mezzo a pascoli di mucche bellissime, arrivo ad un terzo villaggio: Ogeu-les-Bains.
Appena superate le prime casette, trovo una piccola area verde di fianco a un ruscello, con un rettangolo di ghiaia per le bocce, un tavolo da picnic e una bella panchina tra due betulle: non poteva andarmi meglio. È il momento del panino al crudo più buono di tutto questo mese!

Mentre preparo il tutto con l’acquolina in bocca, dalla piazzetta vicina arriva una sagoma chiara e pelosa, a passo lento e rilassato. È un bellissimo cane di media taglia, dal pelo lungo e chiaro. Nonostante ciò ha una particolarità che io non ho mai visto prima in un animale: è evidentemente depresso, davvero non saprei descriverlo diversamente. Mi si avvicina, ma non mostra nessuna attenzione per il cibo. Sta seduto davanti a me e mi fissa, con un musino triste, ma più inespressivo che lacrimoso.
Quella sua immobilità mi mette a disagio, ma al contempo mi fa anche un po’ ridere. In uno slancio di generosità, gli offro un pezzo di crudo, la cosa più preziosa che ho in questo momento. E lui cosa fa? Lo lascia cadere per terra e riprende a fissarmi! A quel punto prevale l’astio per lo spreco e lo spingo a mangiare il prosciutto. Con un po’ di insistenza, cede al duro “sacrificio”, cominciando poi a girarmi intorno senza sembrare interessato a niente in particolare. Mah! Io intanto finisco il mio pranzo con gran gusto e riparto, salutando l’animale che, mentre mi allontano, continua a guardarmi con la stessa espressione con cui si è presentato.

Ci sto ancora ridendo su, quando sbuco nella piazzetta della chiesa e del comune. Le proporzioni sono ovviamente quelle di un piccolo villaggio, senza elementi particolari, eppure quell’angolino riesce comunque ad impressionarmi per la sua grazia. Tra l’altro, noto che la chiesa è aperta e ne approfitto.
È piuttosto rustica, dal soffitto inusualmente basso e con tante statue devozionali, ma sembra esserci un’atmosfera particolare che mi ci fa stare bene, non saprei dire con certezza di che si tratti. Ne esco soddisfatto, e lascio poi il comune notando numerosi altri dettagli niente male.

Da qui, ritorno sul tracciato ufficiale del GR78, e ci resterò fino al termine della tappa.
Dopo le ultime case, la strada si dirige verso un bosco e ci si immerge, uscendo di quando in quando per affacciarsi su grandi campi sovrastati dall’imponenza dei Pirenei.
Man mano tutto prende forme diverse: la terra si fa gialla e fangosa, e ogni tanto incontro alcune radure coperte da un originale tappeto di felci “arrugginite” dall’autunno.
Lo scenario cambia ancora quando comincio a camminare lungo il Gave-d’Ossau, uno dei due corsi d’acqua che si congiungono proprio ad Oloron-Sainte-Marie, la mia meta. Per almeno un’ora attraverso una selva fangosa, che finisce in corrispondenza di un ponte, detto del Diavolo. Finalmente sull’altra sponda, approfitto di una panchina vuota per fermarmi un po’ a riprendere fiato dopo la stressante traversata nella fanghilgia.

I meravigliosi chilometri successivi – gli ultimi prima di arrivare in città – si dimostrano ancor più rilassanti della pausa fatta. I primi due non sono altro che il proseguimento della valle del Gave d’Ossau, ma il paesaggio stavolta è incantevole, totalmente diverso dal tratto precedente. Il clima non potrebbe essere migliore e incontro tanti abitanti della zona, lì per una piacevole passeggiata.

Giunto ad un grande incrocio, mi rendo conto di trovarmi nel punto di raccordo con il Cammino d’Arles – che da lì però si dirige verso il passo di Somport, mentre io proseguirò verso l’agognata San-Jean-Pied-de-Port.
Esattamente in questo luogo, è passato parecchie settimane fa l’amico Danilo, The Pilgrim Fox. Mi emoziona moltissimo pensare di essere finalmente sulle sue orme, perché fino ad ora ho percorso un itinerario diverso da quello che aveva seguito lui. È incredibile ripensare a quella telefonata del 9 luglio, quando io avevo appena deciso di partire e lui già era in viaggio. Ci sono, vècio! Fin qui sono arrivato anch’io, e grazie anche a te!

Gasato per la non trascurabile suggestione, proseguo poi sul crinale della collina, entrando finalmente nei confini di Oloron.
La vista in molti punti è bellissima e le abitazioni, sempre più frequenti, sono anche particolarmente eleganti. Ad un tratto, la via comincia a scendere e provo uno strano dejá-vu, perché mi sembra incredibilmnete simile a quella che mi ha condotto al centro di Bruges, ieri. Le villette sono disposte nella medesima maniera, anche se sono molte di più, di miglior aspetto e maggiore varietà: davvero caratteristico.

Arrivato in fondo, la via si spalanca a favore di una piazza tutta particolare, al centro di una rotonda molto inclinata. La terra battuta e una corona di alberi imponenti le danno un tocco di raffinatezza un po’ retrò.
Salgo poi verso la Eglise Sainte-Croix, costruita circa 1000 anni fa. La trovo aperta, ma la mia visita è brevissima, soprattutto perché succede una cosa mai vissuta prima, e non troppo piacevole. Una fotocellula rileva il mio ingresso e accende le luci, ma nel contempo fa partire anche la registrazione di una voce guida: una soluzione di certo utile, ma il timbro e il tono insopportabili infrangono quel silenzio che in certi luoghi dovrebbe essere d’obbligo, sia per rispetto di chi ne fa uso per la preghiera, sia per la semplice contemplazione.

Scendo poi oltre il prato che fronteggia l’edificio e arrivo a una terrazza da dove posso godermi una vista mozzafiato su tutta la città. Non me l’aspettavo minimamente, è un vero incanto. Mando una foto a Sara per condividere quella gioia e per farle un pizzico d’invidia, ricevendo in risposta un’infilata di cuori. Lei è incastrata in Italia, dove ancora non sono ripartiti i lockdown ma i contagi ormai da tempo hanno ricominciato drammaticamente a salire.
Star vivendo questo viaggio in maniera tutto sommato rilassata è un privilegio assoluto. Non ho praticamente mai l’impressione di trovarmi in situazioni di rischio evidenti, anche se so che basta molto poco.
In ogni caso, ora sono qui, col mio zaino in spalla, davanti a un panorama fantastico e a due giorni di cammino dall’inizio del famigerato Camino Francés. Quando ci penso, il cuore batte all’impazzata. Avanti tutta!

Come a Bagnérés-de-Bigorre, raggiungo innanzitutto l’ufficio turistico, sia per farmi timbrare la credenziale che per raccogliere qualche dritta su cosa visitare. Resto poi a spasso per un’ora e mezza almeno, perché potrò entrare in ostello solo per le 17. Raggiungo e visito la straordinaria Eglise Sainte-Marie, patrimonio dell’umanità, più giovane dell’Eglise Sainte-Croix di un solo secolo. Per il resto, mi godo una piacevolissimo passeggiata, senza sentire nemmeno troppo la fatica dei quasi 40 km percorsi, e sempre con lo zaino in spalla. Alleggerirlo è stato come vincere un terno al lotto!

Arrivato all’alloggio, mi accoglie un omone gentilissimo, Jean-Luc, con dei baffoni che me lo fanno sembrare appena uscito da un fumetto di Asterix. Mi mostra la camerata dove dormirò io soltanto. È un sottotetto, ma rimodernato in modo splendido, e ha anche una terrazza sul retro dalla vista unica.

Che dire? Ennesima tappa magnifica di questa esperienza indimenticabile.
PS: con oggi fanno 60 giorni di cammino!!

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Categorie:

Francia, Nouvelle-Aquitaine, Pyrénées-Atlantiques