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cammino di santiago - roberto pesenti

17/09 Forcalquier – Céreste

(Gîte communal)
32,5 km


Sveglia mattiniera come al solito. Domi mi prepara un’ottima colazione e sceglie di accompagnarmi in auto lá dove la Via Domitia esce da Forcalquier. Una volta che lei è ripartita verso casa, resto solo di fronte a un campo coperto da una nebbia sottile, mentre ancora il buio la fa da padrone.

Il primo paese che attraverso è Mane. Sembra come al solito che sia abbandonato, ma la calda luce dei lampioni a lanterna lo rende magico. Uscito dall’abitato, in mezzo ai campi, mi posso godere un’alba magnifica. A farmi compagnia la curiosa presenza di due mongolfiere, lì a mezz’aria. Che spettacolo dev’essere da lassù!
Dal lato opposto, poco lontano, un bell’edificio simile a un piccolo castello si colora di rosa. Passandoci vicino, poi, scopro che è un “museo dei giardini”. Proprio così! Si chiama Salagon e nei suoi cortili vengono coltivati giardini ispirati a questo territorio. Alcuni nascono da studi su epoche differenti, altri sono più incentrati sulle erbe aromatiche. Ovviamente è chiuso, e queste sono informazioni che leggo su qualche cartello informativo e sul web.
Proseguendo poi per qualche centinaio di metri, fantastico su come possa essere vivere da queste parti. È un gioco che mi diverte e insaporisce il mio cammino molto spesso.

Superato un affascinante ponte romano dalle geometrie essenziali, incontro una grande quercia. Ieri Domi mi aveva avvisato che lungo il percorso ne avrei trovata una di cui lei è innamorata e dove ama portare i bambini che segue. Come silvo-terapeuta, infatti, lei offre aiuto e sostegno stimolando una benefica relazione con gli alberi – nello stesso modo in cui si fa anche con l’arte, i cavalli o la musica.
Dopo qualche fotografia, proseguo per la mia strada, anche se con uno strano presentimento: una vocina di dentro mi fa venire il sospetto che non fosse quella la pianta. È un’intuizione simile a quella avuta ieri mattina prima di accendere la luce, quando ero ancora a letto e già pareva sentissi la presenza del grosso ragno accanto a me. Ultimamente sto sto vivendo episodi che sfiorano quasi la premonizione. È una cosa stranissima.

Cammino in mezzo a paesaggi campestri stupendi, fino a che incontro un’altra quercia, stavolta davvero gigantesca. Ci avevo azzeccato: è sicuramente questa, e non l’altra, quella di cui Domi mi ha parlato. Ha un’ampiezza praticamente doppia rispetto alla precedente e si trova in una radura perfettamente curata.
Viene quasi naturale immaginare un piccolo gruppo di bambini col naso all’insù e la bocca aperta. Con la fantasia riesco a vedere anche Domi: sorridente, guida ciascuno nell’incontro col grande albero, ma soprattutto con una parte di sé stessi. Resto incantato per lunghi minuti, tra quello che vedono i miei occhi e quello che mi passa per la testa. L’amico sole sembra voler partecipare, attirare l’attenzione, e mi stuzzica giocando a nascondino tra i lunghissimi rami.
Rifletto sul fatto che nella vita molte cose o persone del tutto anonime finiscono inaspettatamente col regalare qualcosa di unico e inestimabile, ma una cosa fa sempre la differenza: fermarsi a incontrarle. E così faccio, dedicando tempo a questo luogo senza nome, a questo albero che non troverò mai su nessuna guida, a questo sole che fino a un mese fa mi sembrava la cosa più banale del mondo.

Ora però avanti tutta verso il secondo borgo che mi aspetta oggi, uno tra i tanti che costellano questo territorio tanto famoso.
Ci arrivo un’ora dopo: si chiama Saint-Michel-l’Observatoire. Sta in cima ad una bassa collina, e nel punto più alto c’è una chiesa con un campanile a punta.
Mi godo la grazia composta e ariosa di questo luogo, mentre spezzo la mattinata con un caffè. Proseguendo poi di nuovo tra colline e campi, mi rendo conto che ginocchio e caviglia non mi stanno dando più nessun fastidio. Mi sento fortunatissimo per questo, e avere con me la ginocchiera mi dá enorme sicurezza. Non mi sono mai sentito così sicuro del mio corpo. In questo momento ne sono certo: riuscirò ad arrivare fino in fondo!

Mi imbatto in una citazione scritta a pennarello su un foglio e affissa in qualche modo ad un albero qualsiasi:

Sarai amato il giorno in cui potrai mostrare la tua debolezza
senza che l’altro se ne accorga per affermare la propria forza.

È bellissimo che una persona abbia scelto di metter lì quel messaggio, regalarlo a chiunque passi. Da lì parte un sentiero che sale verso il piccolo borgo di Lincel, e che poi torna a scendere immediatamente dopo. Mi domando se valga la pena, perché pare un’escursione un po’ fine a sé stessa, ma alla fine decido di fidarmi.


Imboccandolo, noto subito un’infilata di rovi pieni zeppi di more mature. Ne sto incontrando da giorni, ma mai così abbondanti. Non resisto e decido di testare i miei limiti: ne mangio letteralmente a manciate! Mi dico: “Se non starai male questa volta, Robi, puoi davvero fare i complimenti al tuo stomaco”.
Con la pancia ben piena ricomincio a salire, ma degli arbusti incredibilmente coriacei invadono il sentiero e rendono impossibile l’uso dei miei bastoncini da trekking. Stupidamente insisto, finendo però con l’inciampare in uno dei due, incastratosi tra i lunghi e tenaci aghi verdi. La scocciatura raddoppia quando mi accorgo che col mio peso ne ho anche curvato leggermente l’ultimo braccio, e ora vibra stranamente ogni volta che colpisco terra.
Si fa fatica a comprendere quanto tenga a questi accessori: innanzitutto perché sono leggerissimi, ma anche perché li comprai per due lire in un negozio dell’usato in cui non avevano idea della loro qualità. Mi sono stati fedeli per centinaia di chilometri e non sopporto di averli rovinati in un modo così banale. In ogni caso, me ne faccio inevitabilmente una ragione e proseguo, tra fastidiose vibrazioni e la mia arrabbiatura. Sbollirò camminando.

Dopo il guaio con i bastoncini, speravo più di ogni altra cosa che questa salita orribilmente faticosa mi avrebbe ripagato con qualche bellezza particolare, ma purtroppo Lincel delude le aspettative. Forse la chiesa dedicata a Maria Maddalena contiene qualcosa di preziosissimo, ma ancora una volta la trovo chiusa e non posso scoprirlo.

Dopo aver superato un’altra collina e alcuni campi sotto il sole cocente, scorgo da lontano Reillanne, un borgo che ricorda un po’ Saint-Michel-l’Observatoire per la sua posizione e il suo profilo. Ci arrivo con il bisogno impellente di fare almeno uno spuntino. Nella grande piazza l’ultima bancarella di frutta e verdura sta per andarsene. Chiedo se sia possibile fare ancora un acquisto. Mi dicono di no ma, molto generosamente, mi regalano un’arancia. L’istante successivo, un signore alla fontana mi dà anche una dritta su dove trovare dei bei grappoloni di uva bianca qualche via più in basso.
Ringrazio, stupendomi di quella splendida e generosa espansività. Con l’acquolina in bocca, mi metto subito alla ricerca delle vigne. Le trovo con non poche difficoltà, ma aveva proprio ragione: gli acini sono grandissimi e succosi, una manna dal cielo in una giornata assolata come questa.

Dopo l’abbuffata non sono meno stanco ma, forse per tutti gli zuccheri ingurgitati, mi metto in testa di salire fino in cima al paese, dove c’è una chiesina con un gran sagrato. La trovo chiusa come al solito, ma almeno posso godere di un panorama a 360°. Chissà che incanto tutto quest’area durante il periodo di fioritura della lavanda o al tramonto, o magari anche con la neve. Dev’essere sicuramente uno spettacolo impagabile!

Lascio anche Reillane e proseguo, perchè le gambe reggono e perchè ho trovato disponibilità presso l’ostello comunale del borgo successivo: Céreste.
Prima di raggiungere la meta, distante ancora una decina di chilometri, mi imbatto in alcuni ruderi di antiche costruzioni, affiancati ad una chiesa rimasta apparentemente intatta. Tutto sembra stranamente in stato di abbandono, ed è insolito, perché fin qui in Francia ho visto dedicata moltissima cura anche a siti ben più comuni.
Un’insegna invita i visitatori a contribuire con donazioni per il restauro, mentre una tavola informativa dice che si chiama Prieuré-de-Carluc, e che si tratta di un luogo di culto particolarmente antico. Sembra abbia cambiato volto varie volte durante i secoli, e che la Rivoluzione gli abbia dato il colpo di grazia, perché dopo allora non ha più ripreso la sua funzione.
Anche se in rovina, il luogo resta molto affascinante, e capace comunque di arricchire sia il territorio che il mio cammino. Anzi, forse ritrovare qualcosa di meno perfetto del solito mi ci voleva.

Arrivato a Céreste, mi reco all’ufficio del turismo per farmi timbrare la credenziale ed essere accompagnato alla gîte communal.
Così come tante altre persone incontrate oggi, anche questa impiegata è davvero molto gentile. Non siamo poi troppo lontani dal Mar Mediterraneo; chissà che non sia il suo influsso ad addolcire gli animi della gente di qui.

L’ostello è essenziale ma spazioso, ed è anche completo di cucina, cosa non frequente in questo mio viaggio. Dopo essermi sistemato, arrivano anche due cicliste francesi che stanno concludendo il proprio piccolo viaggio nel sud del Paese: Sandra e Severine. Non sono passate dall’ufficio, e le avviso che ormai è chiuso. Senza troppi problemi, loro portano comunque dentro bici e bagagli perché nel frattempo ha iniziato a piovere. Passo loro il numero di telefono che mi è stato consegnato per le emergenze e, con quello, riescono ad ottenere l’autorizzazione a rimanere per la notte. Si sistemano nella mia stessa camerata, dove tiro una corda tra alcuni letti, così che tutti possiamo stendere le nostre cose ad asciugare. Sembrano apprezzare molto le mie premure, e anche a me fa un gran piacere essere d’aiuto: parlando poco e male, è un modo efficace per mettersi in relazione, che per me è sempre una cosa fondamentale.

Per la cena, io ho già comprato tutto l’occorrente per cucinare, mentre loro preferiscono uscire e mangiare in un bistrot. Durante la serata, però, mentre le ultime luci del giorno lasciano spazio al buio, anch’io mi regalo una passeggiata in paese, scoprendolo inaspettatamente suggestivo. Mi rendo anche conto che è la prima volta che riesco a visitare in questo orario il luogo in cui sono arrivato.

Ritornato all’alloggio, faccio conoscenza anche un altro ospite: un illustratore parigino. È occupato per una settimana con un gruppo di bambini del paese, con i quali sta conducendo un laboratorio. Mentre ci scambio quattro chiacchiere interessanti, sopraggiungono poi altre due persone, e infine rientrano anche le amiche cicliste. Non sono più abituato a stare con così tanta gente, ma c’è un bel clima. Mi godo la compagnia per una decina di minuti e poi, come al solito, vado a dormire presto. La tappa è stata lunga, ma i piacevoli incontri e la bellezza della Provenza hanno già rinvigorito anima e corpo.

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Categorie:

Alpes-de-Haute-Provence, Francia, PACA