(ostello AD Padum)
26km
Come al solito, mi alzo molto presto. Grazie al cielo, la nottata è stata particolarmente riposante. Raduno il mio bazar e scendo a fare colazione da solo; don Gabriele già mi aveva avvisato non mi avrebbe fatto compagnia. Lascio un biglietto e una piccola offerta sotto il piatto, dopodiché parto con ottimismo, salutando Castiglione prima dell’alba.
Impostata la destinazione sul navigatore, comincio a seguirla pienamente fiducioso. Purtroppo qualcosa va storto, tanto che ben presto mi ritrovo bloccato in mezzo a campi impraticabili. Stavolta il mio aiutante digitale non c’ha proprio azzeccato. Mi incaponisco per un po’, convinto di poter trovare uno sbocco, ma sono costretto a cedere. Torno sui miei passi, abbacchiato per aver sprecato almeno venti minuti guadagnati svegliandomi presto.
L’alternativa a questa prima rotta l’avevo già studiata ieri: una comoda ciclovia che costeggia la provinciale fino a Codogno, ma l’avevo esclusa perché lunga almeno 3 km in più. In ogni caso, ora non mi rimane altra scelta.
Una fila sterminata di bassi pali elettrici mi accompagna verso l’orizzonte, e solo qualche rara auto rompe il silenzio di questi primi chilometri.
Pochi minuti dopo averla imboccata, di nuovo in mezzo a campi e canali, vedo sorgere l’amico sole in tutto il suo splendore. Questo momento della giornata è già diventato uno dei miei preferiti. Non ho mai visto tante albe in così pochi giorni, e farò del mio meglio per aggiungerne il più possibile.
Geograficamente, la deviazione mi ha fatto inclinare ancora parecchio verso est, praticamente la direzione opposta rispetto a Santiago de Compostela. Pur consapevole che sarà cosa breve, in me fa capolino un po’ di insofferenza: sembrerebbe essere il bisogno di orientarmi definitivamente verso la meta finale. È inaspettatamente pungente, ma riesco a contenerlo.
Sembrano riflessioni esagerate, ma sono tante le cose nuove che sto percependo da quando sono in cammino, sia fisicamente che emotivamente. Mi ci vuole sempre un certo sforzo per capire come interpretarle.
Ascoltarsi non è un’arte troppo facile, e non sempre tirare dritto facendo finta di niente è la soluzione migliore. Sotto questo aspetto, sono convinto che avrò molte opportunità per crescere durante il viaggio.
Mi allontano dalla provinciale nei pressi di Camairago, deliziandomi con l’atmosfera un po’ misteriosa che hanno certi paesini di pianura in queste prime ore del giorno. Dopo Cavacurta, poi, il percorso torna finalmente a piegarsi verso ovest.
Nei pressi di una cappelletta appena fuori del paese, faccio una breve pausa per far riposare il ginocchio. Poco prima di ripartire, vedo arrivare una donna con passo veloce e mi resta impressa la sua aria distesa.
Mi trovo a raggiungerla poco dopo: si è fermata e sta guardando in basso, sorridendo.
A pochi passi da lei, scopro cosa la trattiene e mi inchiodo anch’io, con il suo stesso sorriso sulla faccia. A terra, in mezzo alla pista, c’è uno gambero; ma la cosa divertente è che se ne sta lí, immobile, in una posizione esilarante: ben eretto e con le chele all’aria, ben larghe. Sembra Gandalf davanti al Balrog. Forse pensa che sia il modo migliore per evitare guai. Strana strategia…
Ne ridiamo insieme, poi mi chiede dove sia diretto con quello zaino, e così attacchiamo bottone. Visto che andiamo nella stessa direzione, proseguiamo insieme strada e discorso. Si chiama Lorenza ed è una donna incredibilmente esuberante e positiva. Entrambi espansivi, finiamo col parlare di tantissime cose, con un’apertura reciproca incredibile. Spero mi capiti quanto più possibile durante il cammino, perché per me condivisioni di questo tipo hanno un valore grandissimo, me ne sento sempre incredibilmente arricchito.Arrivati infine a Codogno, io proseguo e lei torna indietro, ma ci scambiamo i contatti. Un’altra bella persona!
Felice per il prezioso incontro, mi inoltro nella cittadina fino a raggiungere la chiesa. È domenica e sta per iniziare la messa grande. Entro e spendo un minuto di silenzio per tutte le vittime del virus. È il gesto che chiude il mio abbraccio simbolico ad alcuni luoghi emblematici dell’epidemia che ci ha colpiti. Nel mio cuore, la memoria di questi passaggi si unirà a quella dei mesi scorsi, e ora non resta che portare tutto a Santiago.
Uscendo, mi intrattengo un paio di minuti con i volontari all’ingresso, che dirigono i fedeli e si accertano che rispettino tutte le misure preventive. Sono felicemente stupiti per la lunghezza del mio pellegrinaggio, e finiamo anche per commuoverci un po’ tutti quando gli spiego perché sono passato anche di qui. Mi augurano buon viaggio con occhi pieni di benevolenza.
Mentre proseguo all’interno del paese, penso a quello che gli abitanti si sono trovati a vivere all’inizio dell’anno. In piazza c’è molta gente, alcuni per la messa e altri per il bar. Il mio passare di qui non cambierà nulla, ma sono contento comunque di averlo fatto.
Controllo la rotta sul navigatore. L’ultimo paese in cui oggi potrei trovare da mangiare è Somaglia. Senza deviare troppo dal percorso, trovo un bar-ristorante disponibile a preparami una pasta da asporto. Dopo un quarto d’ora, il proprietario arriva con una porzione immensa in una vaschetta di alluminio coperta, facendomi anche un prezzo di favore.
Mi siedo a mangiare poco più avanti, in un prato attraversato da una ciclabile. Non ci sono panchine, ma ultimamente mi faccio sempre meno problemi da questo punto di vista. Pieno come un uovo, mi rialzo poi con non poca fatica, ma particolarmente soddisfatto per la grande abbuffata.
Riprendo il cammino passando sotto l’Autostrada del Sole e poi lungo un’infinitá di bei campi, seguendo per chilometri il corso di un canale. C’è un caldo africano e, trovata l’ombra di qualche albero, ne approfitto al volo, anche se manca davvero poco alla fine della tappa. Stavolta mi tolgo la maglietta zuppa di sudore e la lascio al sole a seccare, mentre mi asciugo con un panno in microfibra. Così facendo dovrei riuscire a evitare altri scompensi come quelli dei giorni passati. “La soluzione viene approvata da me medesimo, e d’ora in poi verrà adottata come procedura ufficiale”: sembra follia pura, ma mi scopro a pensare davvero questa frase. Inizio a sospettare che arriverò a Santiago con qualche rotella in meno. Chissà non sia un bene.
Non molto dopo, affascinato da una fila di grandi alberi a lato della strada in mezzo alla campagna, finisco per dare retta ad uno strano ghiribizzo e ne abbraccio uno. Non è la prima volta che mi capita nella vita, ma durante il cammino sì. È passata una settimana da quando sono partito, e il mio rapporto con la natura ha cambiato marcia: la percezione di connessione e il senso di intimità sono decollati. Guardavo quella fila di piante già da qualche minuto; ero incantato come un bambino. Poi d’un tratto uno in particolare mi ha attratto tanto da spegnere ogni mio pensiero e calamitarmi a lui; è stato tutto di un’immediatezza incredibile. È bello sentirsi abbastanza liberi da lasciarsi andare a questi gesti innocui e spontanei. A volte ne nasce qualcosa di davvero speciale.
Peccato solo che neanche questi piacevoli diversivi riescano a distrarmi dal male al ginocchio, che oggi sembra indifferente anche al riposo che qua e là gli concedo.
Nonostante ciò, riesco a raggiungere la meta che ho scelto per oggi: la piccola frazione di Corte Sant’Andrea. Finalmente farò il mio esordio sulla Via Francigena. Sono felicissimo!
Il luogo è desolato, ma molto affascinante. Una fila di cascinali tutti attaccati fronteggiano la chiesa e l’ostello, attaccati tra loro. Fuori dalla porta di quest’ultimo, bandiere e targhe di vario genere evocano quell’ospitalità tutta dedicata ai pellegrini, facendomi provare emozioni forti. “Eccomi, sono io, ci sono!”, dice una voce dentro me. Mi sento al posto giusto, sulla via che ho scelto. È come se fossi io, ora, a sentirmi abbracciato.
Al telefono avevo saputo che il gestore non sarebbe stato presente, ma che avrei potuto ricevere le chiavi da una signora che vive nelle case di fronte. Metto il naso in una corte aperta, chiamo, ma nessuno risponde. Spunta qualcuno solo dopo diversi minuti, ma mi dicono che loro non le hanno. Un’altra copia dovrebbero averla all’osteria, dal lato opposto dell’abitato. Percorro quindi l’unica breve strada, che si sviluppa a ferro di cavallo. Incontro per prima la grande piazza della chiesa, che mi dá l’impressione di essere un luogo fuori dal tempo. Sarà perché non c’è nessun altro, o forse per l’atmosfera rurale che sembra sfuggita in gran parte alla modernità, oppure ancora per ciò che leggo riguardo al Transitum Padi, il punto in cui da secoli i pellegrini attraversano il Po, lì a un passo.
La strada, poi, finisce con un grande arco, che capisco essere il naturale accesso al paesino. Solo ora mi rendo conto di essere arrivato qui in senso contrario. Sarà così, d’altronde, fino al confine francese, e forse renderà questa mia percorrenza ancora più speciale.
Entrato nel ristorante, trovo un ambiente familiare. Un paio di tavoli hanno concluso il pasto da non molto, e ora stanno chiacchierando davanti ai bicchieri vuoti. Gli sguardi che ricevo sono un po’ diffidenti, ma senza essere fastidiosi. A cena il locale sarà chiuso, ma in ostello dovrebbe esserci qualche scorta di cibo.
Chiavi in mano, vado a scoprire com’è fatto.
L’impatto è stupendo: il posto è grande e costellato di immagini e oggetti dedicati alle grandi vie di pellegrinaggio d’Europa. Le travi a vista e i pavimenti in cotto rendono l’ambiente caldo e ospitale. C’è anche un cortile immenso, con una gran quantità di sedie da esterno; mi fanno immaginare che oasi diventi in annate migliori di questa.
Faccio una lavatrice per me e un paio con le lenzuola lasciate da altri pellegrini, probabilmente usate la notte prima.
Le ore rimanenti mi pesano un po’ per via della solitudine. Pazienza, è una cosa a cui devo sapermi abituare fin da subito, perché è certo che capiterà spesso.
Arrivata l’ora di cena, do un’occhiata in dispensa. Fortunatamente è fornita con tutto il necessario, e mi regalo una gran frittata e qualche altra stuzzicheria. Come sempre, riempire lo stomaco aiuta corpo e spirito.
Vado a letto presto, con un senso di gioia nuova.