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cammino di santiago - roberto pesenti

24/08 Corte Sant’Andrea – Costa de’ Nobili (PV)

(oratorio don Enzo Boschetti)
25 km

A una settimana esatta dalla mia partenza, eccomi alla prima tappa lungo la Via Francigena!
Per non aggiungere peso allo zaino, ho scannerizzato la parte della guida che mi interessava: due etti risparmiati. Ho fatto lo stesso con quella per la Via Domitia, cioè il percorso che mi porterà dal confine francese fino ad Arles. I miei zii, poi, si sono resi disponibili per inviarmi le scannerizzazioni che non ho fatto in tempo a fare: quelle della guida per la seconda parte di Francia e quelle del Cammino vero e proprio in terra spagnola. Come se non bastasse, ho anche tutte le tracce GPS fino ai Pirenei, gentilmente offerte dall’amica Sara di Milano, “zia” di tutti i pellegrini che intraprendono questa rotta. Lei partí dal capoluogo meneghino sei anni fa, scrivendo giorno dopo giorno il suo diario di viaggio sul web (www.100daysontheway.com), e corredando il sito con tante altre informazioni utili, tra cui proprio le tracce. Certo, ribadisco non sia il massimo consultare tutto sullo schermo dello smartphone, ma il gioco vale la candela.

Parto poco prima dell’alba e ricevo in regalo un cielo stupefacente, una tavolozza di colori mozzafiato. Tra le risaie sulla via di Orio Litta, lo scenario supera ogni rosea aspettativa con lo spuntare del sole all’orizzonte.

I cartelli informativi e le indicazioni per i pellegrini diventano una presenza frequente e per me inedita, arricchendo la mia esperienza di mille nuove suggestioni.

Camminare su una via di pellegrinaggio carica di secoli di storia è davvero un’emozione unica.

Proseguo vicino al Lambro, e nei campi sottostanti vedo una colonna di pietra e marmo graduata. Serve a misurare l’altezza del corso d’acqua durante le piene. Alcune date tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento sono poste in corrispondenza di quelle più significative del periodo. Quei pochi numeri mi fanno un effetto strano, perché non stanno scritti su un libro e nemmeno su una lapide commemorativa, ma sono incisi proprio nel punto in cui l’acqua arrivó. Spostarli da lì indebolirebbe la loro forza. Sono come testimoni posti a guardia della memoria, capaci di evocare quegli eventi all’istante. È un dettaglio che probabilmente non a tutti innescherebbe questo concerto di emozioni, me ne rendo conto, ma a me credo rimarrà impresso.

Incontro il bel Ponte di Mariotto, sul Lambro, appena prima di quello che attraverserò, passando dal lodigiano al pavese.

Raggiunto Chignolo Po, prendo una decisione importante: quella di rispedire a casa il fornello, il cavalletto e la busta di picchetti ritrovata a sorpresa, per un totale di circa un chilo. Spero che questo sarà sufficiente ad alleviare il dolore al ginocchio. Se così non fosse, vedremo poi.

Dopo aver preso qualcosa da mangiare, mi dirigo all’ufficio postale, facendo con calma la mia prima coda. Allo sportello la signora si mostra, ahimè, poco utile; pensavo ingenuamente sarebbe stata un’operazione facile e rapida, ma qualcosa va storto. Non hanno scatole adatte, e sostiene che le buste non facciano al caso mio. Non è nemmeno sicura se io possa o meno rispedire a casa la piccola bombola che alimenta il fornello. In effetti, ora che ci penso, suppongo abbia ragione. Potrei abbandonarla, ma l’idea non mi piace affatto. Mi indirizza verso la vicina cartoleria per l’acquisto della scatola, ma ne hanno solo alcune davvero improbabili, coloratissime e più costose della spedizione stessa. Temporeggio e rifletto.

Nel frattempo faccio la coda anche per entrare in farmacia, dove comprare qualcosa di un po’ più forte delle pastiglie di Ananase comprate a Treviglio. Con la sfacciataggine di chi è già particolarmente cotto dalla mattinata, svento anche il tentativo di sorpasso a coda ferma della immancabile vecchietta falsamente ingenua, per la gioia anche degli altri che stavano ad aspettare con me. Una volta dentro, prendo quello che mi serve, ma a colpirmi è l’allegra gentilezza del proprietario e delle dipendenti. Una di queste si rende anche disponibile ad accettare la mia bombola in regalo. Senza quella, una busta diventa più che sufficiente, e il problema è risolto. Rasserenato e di buon umore, torno alla posta e faccio la mia terza coda della giornata.

Mentre aspetto sul marciapiede, mi si accosta un cliente della farmacia che ha sentito dove sono diretto e mi dà quindici euro da lasciare in offerta a Santiago. Faccio promessa solenne e lo saluto, ma rimanngo un po’ sovrappensiero: da una parte è stato un gesto semplice, tutto positivo, ma dall’altra mi colpisce perché poco comune. Quanta fatica si fa a fidarsi degli altri, oggi più che mai; eppure uno sconosciuto mi ha appena consegnato del denaro, come nulla fosse. Che bel sapore ha la fiducia!

La coda sembra interminabile, ma diventa piacevole grazie alla compagnia della simpatica famiglia che ho davanti. Alla fine riesco nella mia missione e riprendo il cammino dopo ben due ore!

Qualche chilometro dopo, a Miradolo Terme, trovo un invitante distributore automatico di prodotti latticini locali e mi regalo uno yogurt squisito. Mentre me lo sto gustando sotto il sole, sopraggiunge in bicicletta una coppia molto giovanile, ma non giovane. In pochi secondi attacchiamo bottone. Lui è un’esplosione di energia: si chiama Antonio e mi racconta molto di sé, con grande senso dell’umorismo e infinito entusiasmo. Mi dice di essere (o essersi?) soprannominato “El condor libre”, e già questo dice tanto! È sposato con la donna al suo fianco, Grazia, ma mi ammonisce: “Tu sposati, sì, ma…mi raccomando: all’ultimo momento!”. Che perla!

In mezzo ai campi, poi, incrocio anche i primi due pellegrini “francigeni”, che ovviamente camminano in senso contrario al mio. Uno di Brescia e l’altra non lo ricordo. È proprio una bella sensazione. Mi fa sentire in compagnia, parte di qualcosa di più grande.

Pieno di buon umore, raggiungo poi Santa Caterina e Bissone, immediatamente dopo. Qui ci sarebbe anche un ostello pellegrino, ma è chiuso, come d’altronde molti altri quest’anno, per via del Covid. Essendo orario di chiusura anche per i negozi di alimentari, mi regalo un pranzo in un ristorantino gestito da cinesi. Sono l’unico cliente ed è già quasi pomeriggio. Si mostrano molto gentili, ma ho l’impressione che in realtà avrebbero preferito chiudere. Egoisticamente, fingo di non accorgermene e mi godo con calma le portate e la frescura del locale.
D’improvviso mi viene in mente che c’era ancora una cosa che avevo bisogno di comprare in farmacia, però quella del paese non aprirà prima di un’ora. Faccio i miei conti e, finito il pranzo, decido di aspettare appisolarmi su una panchina all’ombra.

Sistemata poi ogni cosa, mi rimetto in moto, iniziando a ragionare su dove alloggiare stanotte. Riesco a mettermi in contatto telefonico con un sacerdote della zona, don Roberto, al quale spiego tutto, a partire dal fatto che ho con me un materassino e anche una tenda, quindi mi basterebbe davvero anche solo un pezzo d’erba. Mi dice che potrebbe fare al caso mio il campetto da calcio dell’oratorio di Costa de’ Nobili, e mi rimanda a un certo Emilio, che se ne occupa.

Arrivo al paesino non meno di due ore dopo, passando in mezzo a sterminate risaie. L’umidità però non è così aggressiva come fu nel lodigiano, ma forse ci ho solo fatto l’abitudine. Prima di tutto, faccio tappa in Comune per farmi timbrare la credenziale, dopodiché raggiungo la chiesa. Al suo fianco sta il campetto dove dormirò e, immediatamente dopo, la casa di Emilio.

Sia lui che la moglie Bruna si dimostrano magnifiche persone, splendidamente predisposte all’accoglienza, sembrano averla nel sangue. Faccio conoscenza anche della loro piccola nipote e di uno dei figli, Demis, poco più grande di me e padre della bimba. Mi invitano ad accomodarmi in cortile e mi offrono da bere e da sgranocchiare qualcosa.
In poco tempo ho l’impressione di conoscerli da anni, tanto mi mettono a mio agio. Con Demis, in particolare, ci raccontiamo l’un l’altro le nostre vite con incredibile naturalezza. È il meglio che potessi mai desiderare, e benedico per l’ennesima volta il giorno in cui ho deciso di partire.

Rimasto poi con Emilio e Bruna, prima mi permettono di lavarmi velocemente in cortile usando la canna dell’acqua, poi mi portano sul retro per mostrarmi l’orto e tante altre cose interessanti costruite da lui.
Sembrano felici della mia presenza; mi propongono di dormire nel sala del piccolo oratorio adiacente invece che nel campo, e io accetto più che volentieri. Non contenti, scelgono di offrirmi anche la cena. Sono esterrefatto da questa cascata di generosità, mi sento in paradiso!

Finito il pasto, ci auguriamo buonanotte, con la promessa di salutarci ancora domani mattina.
Che giornata!

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Italia, Lombardia