(Camping Municipal)
38km
Fortunatamente, questa notte sono riuscito a dormire come si deve. Non è che questo mi faccia rivalutare la qualità dell’ostello, ma non ricordo l’ultima volta che mi sia svegliato così in forma. Immediatamente mi rendo conto che in stanza è impossibile rimanere a fare colazione senza svegliare gli altri due, ma all’esterno dell’edificio fa troppo freddo. Non posso far altro che piazzarmi con grande nonchalance nell’androne, seduto a terra. Un paio di altri ospiti vanno e vengono; provo a salutarli ma non girano neanche la faccia. In effetti, non devo dare una bella impressione, e diciamo anche che fino alle sette e mezza chiunque ha diritto ad essere un po’ asociale.
Riempita la pancia, faccio un bel respiro e mi tuffo per strada. Rispetto a ieri, la città sembra deserta; incrocio giusto qualche studente. Una cosa che mi colpisce, però, è l’illuminazione pubblica. L’impressione è che sia sovrabbondante e davvero ben studiata. Montpellier dev’essere una splendida città da vivere di notte.
Lasciando la Via Tolosana e rinunciando all’itinerario di Sara, oggi mi lascerò guidare ancora una volta dalla app che già usai per raggiungere la Francigena da Bergamo. L’unica deviazione che le ho imposto è proprio per questi primi chilometri. Visto che sono nella periferia nord, ho pensato che non sarebbe stato male uscire dalla città passando da una zona del centro storico che ieri non ho visitato. Nello specifico, avendo scoperto che c’è un grande arco di trionfo, ho deciso sarebbe stato un perfetto punto di passaggio.
Una volta raggiunto, gioisco tra me e me per la scelta. L’illuminazione artificiale che avevo notato nelle vie secondarie, qui è pazzesca. Sia l’arco che tutto il parco antistante compongono uno scenario di pura magia.
L’area, detta Promenade du Peyrus, è come un’immensa terrazza sulla città. È dominata al centro da una grande statua equestre e, ai lati, da eleganti file d’alberi. La gemma di questo luogo già speciale, però, è una costruzione simile anch’essa ad un arco di trionfo, ma in realtà a pianta esagonale; viene detta château d’eau, ed è il termine ultimo del monumentale acquedotto Saint-Clément. La torre è l’apice assoluto dell’arte illuminotecnica che stamattina mi ha già regalato molto più di quanto mi aspettassi. Dei fari colorano l’interno della costruzione d’azzurro, il quale si riflette poi nella grande vasca d’acqua che c’è di fronte, assieme alla luce dei lampioni tutt’attorno.
Ci rimango almeno trenta minuti, scattando fotografie e gustandomi tutta quella bellezza, senza pentirmi nemmeno per un attimo del tempo sottratto al cammino.
Ben sazio, scendo poi ai piedi degli Arceaux, l’imponente parte finale dell’acquedotto. È una struttura in pietra alta quasi 30 m, composta da due file di archi sovrapposti, di cui quelli inferiori sono alti 8 m ciascuno. È lunga 800 m e permette che l’acqua condotta fino a Montpellier (la sorgente è lontana 14 km) possa arrivare fino al punto più alto della città: Place du Peyrou, appunto.
Nel parcheggio ai suoi piedi, sta venendo allestito un mercato. Le bancarelle già espongono tantissime cose da mangiare e sono davvero invitanti.
Calcolo che per uscire definitivamente dalla città impiegherò almeno un’ora. Mentre seguo il percorso tra viuzze anonime, mi godo l’ordine e la pulizia che avevo notato fin dal viaggio in tram di ieri.
Man mano che mi allontano dal centro, gli edifici si fanno più grandi, diventando ben presto moderni palazzoni. Mentre ormai sta facendosi giorno, arrivo nei pressi dello stadio e lì perdo ingenuamente la rotta giusta, finendo in una strada dipartimentale larga e molto trafficata. Non ci sono spazi per i pedoni, ma la meta è davvero molto lontana oggi e non mi posso permettere di tornare sui miei passi.
Vicino ad un McDonald ancora chiuso, nei pressi di una rotonda grandissima già piena d’auto, mi godo un’alba meno memorabile delle tante godute in mezzo alla natura, ma resta comunque un momento incredibilmente energizzante. Cammino a lato dello stradone per ben 7 km, contando decine e decine di altissimi platani ai suoi lati.
A metà strada perdo un quarto d’ora a cercare un orecchino speciale che un amico orafo aveva fatto apposta per me, anni prima. Lo avevo rimesso dopo moltissimo tempo, proprio per questo cammino. Rappresentava qualcosa di molto poetico, un uomo-rondine, che in qualche modo aveva a che fare con lo slancio che mi ha spinto a partire. Purtroppo la ricerca non dà buon esito, e devo dirgli addio con gran rammarico.
Con Montpellier ormai lontana alle mie spalle, mi fermo a prendere un caffè a Fabregues, una cittadina la cui particolarità è che il suo centro – di origine medievale – è strutturato in cerchi concentrici perché meglio si potesse difendere l’abitato. Dei cartelli molto ben illustrati mi fanno capire che non è l’unico luogo con queste caratteristiche, ma uno dei tanti presenti qui nella provincia storica della Linguadoca. Questi borghi sono stati denominati in epoca moderna Circulades.
Ancora una volta resto piacevolmente stupito della capacità dei francesi di valorizzare il proprio patrimonio e di saperlo promuovere in maniera sempre molto efficace.
Da Fabregues, il percorso studiato dall’applicazione mi indirizza lungo un sentiero che costeggia un’autostrada. Dentro di me penso che, in quella posizione, sarà sicuramente un tracciato orribile, ma in realtà – tolta la visione della grande via asfaltata – il panorama si rivela splendido. Il percorso, infatti, mi ha fatto salire di qualche decina di metri e ora godo di una visione panoramica su tutto il territorio a nord, in larga parte pianeggiante. Le uniche alture stanno all’orizzonte, coronate qua e là da pale eoliche. La presenza di queste ultime potevo prevederla, visto che dove sto camminando il vento tira davvero molto forte.
Lasciato questo sentiero, arrivo a Gigean, seconda circulade di quest’oggi.
In una piazza in centro ho la fortuna di imbattermi in un mercato molto particolare, ricco di bancarelle con cibi da strada incredibilmente accattivanti; una propone addirittura una degustazione di ostriche. Da questa zona fino alla vicina costa mediterranea, infatti, questi molluschi sono molto diffusi.
Ahimè, la vocina della mia coscienza pellegrina cestina l’idea di un pranzo fuori dagli schemi perché troppo costoso, e mi dirotta verso un semplice negozio di alimentari, dove mi concedo almeno una confezione di affettato più decente del solito. Ci farcisco la baguette che avevo di scorta e mi fermo a mangiare nel parco lì di fianco.
Sazio e di buonumore, una ventina di minuti dopo mi rimetto in moto, godendomi alcune zone davvero pittoresche del paese. Uscitone, mi ritrovo in un’ampissima area vitata, ricca di sentieri e strade che è una gioia percorrere. Sullo sfondo campeggiano armoniosamente le stesse colline che qualche chilometro prima avevo visto tanto piccole.
Dopo nemmeno un’ora arrivo a Poussan, un altro villaggio molto simile ai precedenti. Mi piace molto attraversare questi piccoli centri. Non si può dire sprizzino di chissà quale vitalità, ma sono graziosi e ben tenuti.
Il territorio attorno dà loro grande respiro, eccezion fatta per l’autostrada, che a Poussan passa proprio di fianco al paese. Questa volta per superarla mi devo addirittura imbucare in un sottopassaggio che sembra più una via di scolo. Una volta dall’altra parte, do inizio agli ultimi dieci chilometri della tappa di oggi.
Il percorso disegnato dalla app mi lascia felicemente stupito, facendomi passare in una serpentina di sentieri nei quali non sarei mai riuscito ad orientarmi da solo. In quest’area la terra si è fatta rossa e ci sono per lo più arbusti medio-bassi. Mi diverto come un bambino a camminare lungo queste piste, entusiasta anche per la luce fantastica che si è venuta a creare.
Nel chilometro e mezzo finale, poi, il paesaggio cambia ancora. Torno su asfalto, in mezzo a grandi vigneti e campi arsi dal sole. Arrivo infine a Loupian, ennesima cittadina deliziosa di un territorio che avevo immaginato molto più anonimo. Di buonumore, mi metto a cercare un negozio per fare scorta di cibo per stasera e domani, ma alcuni abitanti mi avvisano che l’unica bottega del paese è chiusa per ferie.
Un po’ preoccupato, decido di chiamare il camping. Mi viene detto in tono rassicurante che nel campeggio c’è anche un bar, e posso prendere lì qualche panino, e così lascio il centro del paese decisamente rasserenato. Poco prima di arrivare al campeggio, resto incantato dalla bellezza di una chiesa isolata nella campagna. È molto sobria, ma straordinariamente in armonia col paesaggio che la circonda, in particolar modo un gran vigneto al suo lato. Sono le quattro e mezza del pomeriggio e la luce si è fatta ancora più suggestiva. Per l’ennesima volta mi sento come dentro una cartolina.
Il campeggio è lì a due passi. Mi accoglie Jean, il manager, che si dimostra fin da subito gentilissimo e accogliente. Una volta sbrigate le pratiche di registrazione, vado a sbirciare cosa offre il menù del bar – ancora chiuso – ma prezzi e orari non mi convincono, così mi informo su quanto disti il primo supermercato. Sfortunatamente si trova a Mèze, e per me che sono a piedi è troppo lontano. Facendo due calcoli, non mi resterebbe nemmeno il tempo per occuparmi del montaggio della tenda, di farmi finalmente una doccia e, perché no, godermi un po’ di meritato relax prima di cena.
Jean, intenerito, mi propone di prendere in prestito gratuito una vecchia bicicletta scassata che solitamente noleggiano, un modello simile alla nostra graziella. Accetto immediatamente, entusiasta anche di poter farmi una pedalata in questi bellissimi paesaggi.
Appena uscito dal campeggio, oltretutto, scopro di poter evitare la strada carrabile e gustarmi una splendida pista ciclabile che si tuffa tra campi verdissimi e allevamenti di cavalli bianchi. Un sogno!
Se ieri l’esperienza di autobus e tram mi aveva già stranito per quanto ne ero disabituato, oggi quella in bicicletta mi entusiasma come mai avrei potuto immaginare. Senza zaino, corro col vento in faccia in mezzo a questo paradiso e mi sembra di andare alla velocità della luce. Rido come non mai anche di queste stesse suggestioni, il che rende tutto doppiamente divertente. Che regalo!
La giornata si chiude con uno scroscio di pioggia già previsto, mentre io sono già nella mia tenda, bardato a dovere, pasteggiando per l’ennesima volta con un cous cous confezionato, di cui ormai ho la nausea per quante volte l’ho già mangiato. Oggi però sono troppo felice per come è andata, e non basta certo un cibo precotto a rovinarmi l’umore.