(da Adriana)
25 km
La partenza da Garlasco è appesantita dal dolore al ginocchio. Stamattina si manifesta fin da subito, intristendomi parecchio, ma per fortuna senza abbattermi.
Ci pensa ancora l’amico sole a dipingere paesaggi esaltanti alle mie spalle. Resto secondi, a volte minuti, lì impalato. È come mettermi in carica. La passione per l’arte mi ha allenato ai più svariati tipi di bellezza, ma nel mio cuore niente è paragonabile a momenti come questo. Ogni caratteristica che il mio occhio riesce a cogliere, supera quelle dei migliori quadri che ho conosciuto. Inoltre, e soprattutto, la natura è viva. Per quanto la suggestione davanti a un’opera possa scaraventare l’essere umano in mille universi differenti, un’immagine artificiale resta cosa morta, e con la fotografia e il video aumenta solo l’inganno. Possono essere traccia, memoria, evocazione della vita, ma restano echi statici, senza un’anima propria.
La natura no. Nasce, vive e muore come noi, qualunque cosa significhi.
Sono diventato un adoratore del sole; chi mai avrebbe detto che questa sarebbe stata una delle più grande conseguenze del mio viaggio? Non lo vedo certo come una divinità, e non mi viene voglia di inginocchiarmici davanti o implorarlo di qualcosa. È un compagno generoso, è un essere amante, ecco come lo sento. Ho addirittura l’insolita sensazione che sia lui a cercarmi, come se fosse lui ad aver bisogno di me.
Faccio la prima vera pausa a Remondò, dopo più di tre ore di cammino. Mangio qualcosa, prendo un antinfiammatorio e mi sdraio su una panchina affacciata su un grigio parcheggio, proprio nel centro del paese. Mi sono chiesto per un attimo se avessi potuto turbare qualcuno, ma è l’unico posto all’ombra che ho trovato, e stamattina le energie sono già tutte finite. Schiaccio un pisolino, non ho alternative, ma per fortuna ne esco bene. Di certo non ho fatto il pieno, ma ora la lancetta del carburante è tornata sopra la riserva. Avanti!
I paesaggi di campagna che attraverso sono davvero splendidi. Il giallo delle risaie splende con una potenza tutta nuova per me. Nemmeno nel mio cammino pugliese – la splendida Via Peuceta – avevo potuto vedere niente di simile; era ancora inverno e il grano nei campi non era altro che germoglio verde.
L’orizzonte piatto divide a metà il panorama. Sopra domina l’azzurro; sotto, invece, le geometrie dei campi, tagliate dalle piste di terra battuta che seguo: binari bianchi costeggiati qua e là da filari ordinati. Piccoli boschi artificiali somigliano a plotoni sull’attenti, immobili ad onorare il passaggio del pellegrino. Anche il popolo di alte piante di granturco, ammassato a volte ai miei lati, sembra una folla incuriosita e un po’ invidiosa.
Appeso al trapezio della fantasia, ma coi piedi che continuano a premere forte a terra, arrivo infine a Mortara, e con in testa una decisione inaspettatamente risoluta: comprarmi una ginocchiera con delle stecche mobili ai lati. Non è un’idea nata da un raptus qualsiasi, ma la fioritura di un ascolto del mio corpo iniziato fin dal primo giorno. Da molto tempo sono convinto che sia una questione di peso, ma se non voglio liberarmi ancora della tenda, l’unica soluzione che rimane da provare è questa. Nella mia testa, il tutore riuscirà a trasferire una pur minima parte del carico che grava sull’articolazione. Spero di aver ragione e che sia sufficiente per liberarmi da questa criticità.
La provvidenza e Google Maps mi indirizzano verso una piccola ortopedia, a pochi minuti dall’orario di chiusura. Lì trovo il proprietario, la giovanissima figlia e la dipendente, Cristina. Sono davvero molto cortesi e, soprattutto, hanno esattamente il prodotto che cerco. Appena indossato mi dà un senso di comodità e sostegno effettivo, proprio quello che speravo. In me sembra esplodere una fiamma di ottimismo: funzionerà, ne sono sicuro! Raggiante in viso, condivido la mia gioia, pago e chiedo anche qualche dritta. Vorrei festeggiare questo acquisto mangiando qualche leccornia del posto e domando anche se hanno consigli su dove potrei alloggiare nei chilometri successivi.
Il proprietario si occupa di indirizzarmi ad una vicina salumieri per assaggiare le specialità a base d’oca, tipiche di questi posti, ma il regalo più grande me lo fa Cristina, telefonando ad una signora che secondo lei potrebbe essere disponibile ad ospitarmi stanotte. Straordinariamente, l’affare va in porto al primo colpo e io sono al settimo cielo.
Anche la commessa è molto felice di essermi stata utile. Pma di salutarci scambiamo giusto due chiacchiere: mi confida alcune sfide molto delicate che sta vivendo e quanto a fondo confidi in Dio per superarle. Grato ed entusiasta, prometto di portare tutto con me a Santiago.
Corro a festeggiare, comprando dapprima un po’ di frutta in un negozietto lì vicino, trovandoci altre persone incredibilmente gentili e allegre. Mi dirigo poi alla salumeria che mi hanno consigliato e acquisto qualcosa di davvero succulento: salame e ciccioli d’oca! Tutto felice, concludo con la panetteria, che però ha già chiuso, ma la fame mi affina l’ingegno e mi rende sfacciato: busso alla porta di servizio, quella del laboratorio, e mostro l’espressione più pietosa che sono in grado di fare. Le convinco! Ho anche il pane.
Mi gusto il pranzo squisito nella bella piazza del comune, godendomi una lunga pausa rigeneratrice. Chiamo poi Adriana, la persona che mi aspetta, la quale mi avvisa che dovrà uscire fra non molto. Mi do quindi una mossa e riprendo il cammino a passo spedito.
Con la ginocchiera mi sembra di avere una gamba nuova. Sono un po’ preoccupato che, esagerando ora sulle ali dell’entusiasmo, la pagherò poi stasera e domani. Nonostante ciò, non resisto; dopo giorni di sofferenza voglio godermi questa leggerezza e mi butto a rotta di collo in una marcia serratissima.
Il paese di Adriana si chiama Albonese. Non si trova sul tracciato della Francigena, ma appena di fianco. Dista cinque chilometri e mezzo da Mortara, e inaspettatamente riesco a percorrerli in un’ora, ad una velocità che fin qui per me era impensabile. Certo, ho seguito una strada dritta e molto trafficata, rinunciando a un tratto tra i campi che sarebbe stato di certo più bello, ma si fa di necessità virtù. Forse la ginocchiera potrebbe davvero rivelarsi la soluzione giusta.
Adriana conferma a pieno e fin da subito la sua vocazione all’accoglienza. La casa è su due piani e ricchissima di oggetti, libri e quadri interessanti. Al piano inferiore vive la madre, pioniera dell’attivismo animalista, di cui Adriana è stata degna erede. In casa con loro vivono due cani molto sofferenti. Uno in particolare, Charlie, è praticamente in punto di morte, ma resiste con un sorprendente attaccamento alle persone care con cui ha convissuto per anni. Anche la cagnetta, Milly, non sta benissimo. Adriana se ne prende cura con grande esperienza e un coinvolgimento commovente.
Alla fine, l’impegno che aveva sembra non fosse così importante e sceglie di restare per poterci conoscere meglio. È una persona dalla mentalità molto aperta e dal cuore grande. Parliamo a lungo, arrivando ad una confidenza inusuale. Mi racconta anche di come sia straordinario il paesaggio quando allagano le risaie e mi fa venire una gran voglia di venirlo a visitare in futuro.
Mi permette di fare il bagno anziché la doccia: regalo più che apprezzato. È il terzo che faccio in meno di dieci giorni, non posso crederci. Con una premura inaudita, insiste anche per prepararmi un impacco di argilla per il ginocchio. Perché si parla così poco della generosità della gente?
La sera ci raggiungono due suoi amici, appassionati camminatori e pellegrini: Anna e Adriano. Quest’ultimo mi ha visto la mattina riposare a Remondò, sulla panchina in paese. Ridiamo e chiacchieriamo con gran gusto.
Mi godo il momento squisito, che culmina con una benevola tortura alla povera cagnetta, di cui prendiamo in prestito la zampa per lasciare un’impronta sulla mia credenziale a mo’ di timbro.
Adriana mi fa infine l’ennesimo regalo: insiste perché io vada a dormire da solo nel suo letto matrimoniale. Lei resterà sul divano, non solo per una questione di generosità, ma anche per poter accudire meglio durante la notte i due poveri animali. Un altro esempio di amore che mi rimarrà certamente nel cuore.