(da Federico, tramite Couchsurfing)
La notte ho avuto un fastidioso disguido. Entrato in casa per andare in bagno, ha iniziato a suonare un allarme assordante. Ahimé, il buon Savino si era dimenticato di disattivarlo, e io non ho potuto far altro che rimanere ad aspettare desolatamente che scendesse a spegnerlo, dispiaciuto per aver contribuito a quel disturbo.
Ritrovati a colazione, poi, ci intratteniamo molto a lungo a parlare e la partenza slitta intorno alle 8:20. Ho anche il tempo di veder tornare i bambini, e quindi poter salutare proprio tutti. Qualcuno ha perfino gli occhi lucidi. Sono i superpoteri del pellegrino: nel pieno del proprio sogno, gonfio d’amore che gli arriva da ogni cosa, scatena sorpresa a chi ha il cuore aperto per qualche motivo. Ogni volta, però, l’ora degli addii arriva sempre prestissimo. Il pellegrino non è un uomo migliore di altri, ma nel suo lungo e lento tuffo credo diventi simbolo. È ciò che lui evoca che tocca i cuori. Oggi penso questo.
Il tempo è splendido, ma per tutta la prima parte della mattina riverso la mia attenzione sullo smartphone. Non è certo un piacere, ma voglio organizzare al meglio il mio passaggio a Torino. Un posto dove dormire l’ho già trovato tramite Couchsurfing, ma il fatto è che sta nell’estrema periferia nord. Non sarebbe stato un problema, avrei semplicemente potuto deviare, ma devo prima passare per forza dal centro per riuscire a risolvere il problema delle scarpe. Non sono ancora rassegnato a comprarne un altro paio, perché sono ancora in ottimo stato, fuori che quel brutto scollamento. Voglio chiedere una consulenza per capire se sia possibile ripararle, anche se so che dovrei essere talmente fortunato da trovare anche qualcuno che me lo faccia all’istante.
Creo un programma serratissimo, cercando i migliori calzolai e i negozi dove avrei maggiore scelta, laddove non rimarrebbe che comprarle. Al contempo, studio le varie possibilità per raggiungere l’appartamento dove dormirò e come poi mi potrò ricollegare all’itinerario tradizionale. Torino è una metropoli e io ci arriverò appena dopo pranzo, quando i negozi saranno chiusi. Mi scervello perché sono convinto che, prendendola alla leggera, rischierei di perdere troppo tempo e magari trovarmi costretto a passare un giorno in più in città.
Riemergo dallo schermo di quando in quando, per assicurarmi di non sbagliare strada, ma a grandi linee riesco comunque a rendermi conto dell’ambiente che sto attraversando. Uscito dal San Raffaele, il percorso costeggia il canale Cimena fino al paese successivo, oltre il quale incontro un ragazzone barbuto che cammina in senso opposto al mio. Porta un grande zaino, e infatti è un pellegrino anche lui. È francese e molto giovane; cammina già da circa 700 km e sta dirigendosi a Roma. La sua partenza non è stata meno improvvisata della mia, a quanto pare, e incontrarlo mi emoziona molto, forse perché viene a piedi proprio dal prossimo Paese verso cui sono diretto, quello che più mi spaventa. È partito molto prima di me stamattina e intuisco che non gli dispiacerebbe mantenere il passo, ma riesco a strappargli alcune informazioni, qualche consiglio per il mio passaggio oltralpe e pure una foto ricordo, che non guasta.
Durante una pausa a metà mattina, incontro e scambio quattro chiacchiere anche con Veronica, una ragazza argentina che vive da queste parti e che stava portando a spasso il cane. Ormai socializzo con chiunque incontri! Ridiamo un po’ assieme e ci salutiamo senza null’altro che il piacere di quei pochi minuti.
Poco dopo, arrivo di nuovo sulle sponde del Po, presso San Mauro Torinese. La passeggiata in pavé che si affaccia sul fiume è particolarmente piacevole. Da una terrazza si può già vedere la Mole. Mancano almeno dieci chilometri ancora per raggiungerla, sarà meglio darsi una mossa. Voltandomi, invece, mi rendo conto che siamo ai piedi del colle di Superga, con la sagoma in controluce della Basilica. A volte è bello trovarsi in mezzo alla natura, in posti sconosciuti, ma non è male nemmeno camminare in luoghi più familiari e significativi. Sono già stato a Torino varie volte, ma ovviamente non l’ho mai raggiunta a piedi. In questo momento sono circa 400 i chilometri che mi separano da casa, e li ho fatti tutti camminando! Sembra impossibile, io stesso fatico a crederci. A pensarci mi viene quasi da ridere.
Il percorso prosegue imboccando una ciclovia godibilissima, che sbocca nel magnifico Parco del Meisino, in corrispondenza di una grande ansa del fiume. Camminare in queste aree mi dà un piacere incredibile. Mi continuo a ripetere quanto siano fortunate le persone che abitano in queste zone, convinto che molte altre parti della città non godano di polmoni verdi di queste proporzioni.
Anche quando il Parco finisce, la pista continua parallela al Po, e per la maggior parte del tempo si gode dell’ombra di grandi alberi. A un certo punto, ormai a un passo dal Ponte Vittorio Emanuele Primo, mi imbatto in un Bibliobus parcheggiato in un’area di sosta tra il fiume e la strada. È spalancato e dentro si possono vedere scaffali pieni di libri, e anche fuori ci sono diversi espositori. È decorato con coloratissime illustrazioni, ma a dominare su tutto è il rosa shocking dell’abito indossato dalla giovane bibliotecaria seduta al tavolo dei prestiti.
Curioso come al solito, mi avvicino per fare qualche domanda, d’altronde le biblioteche per me sono sempre posti speciali ed è la prima volta che vedo un servizio come quello. A dirla tutta, però, non sono queste le sole ragioni, infatti non resisto dal voler conoscere la ragazza.
Con lo zaino in spalla e nel pieno di un grande viaggio, rompere il ghiaccio ormai è diventata una sciocchezza, anche se aiuta anche il fatto di sapersi di passaggio, senza nessuna aspettativa né possibilità, se non quella di godersi due parole e qualche sguardo, quando va bene.
Lei si chiama Sara, e la prima grande sorpresa è che si rivela essere anche lei una camminatrice. Anzi, lei è già stata sul Cammino, quindi tra noi due sono io il principiante. Ci raggiunge anche Luca, il suo collega. Lui è di Rivoli, e per un attimo sogno che possa essere un clamoroso aggancio per trovare in anticipo l’alloggio per domani, ma non sembra dell’idea.
Saputo che passerò dalla Sacra di San Michele, Sara mi fa una proposta che mi lascia di stucco: si offre di accompagnarmi per salita e discesa dalla famosa abbazia. L’idea è splendida, le chiedo soltanto di darmi un giorno di tempo per darle conferma. Dopodiché scambio il numero con entrambi e riparto. Ma pensa un po’ la vita! Sarebbe la prima persona in questo cammino che incontro in giorni diversi.
Pochi minuti e sono sul ponte che dà accesso al centro della città. Ci sono poche auto, o almeno così pare. Gli spazi sono così grandi… Da una parte c’è Piazza Vittorio Veneto, dall’altra il tempio della Gran Madre. Un nome insolito per una chiesa, ma anche affascinante; sembra più pagano che cattolico.
Tornare da queste parti mi emoziona. L’ultima volta ci ho passato due giorni, da solo, per assistere ad uno dei concerti più belli della mia vita, Yann Tiersen al Teatro Colosseo, l’anno scorso. Due anni prima, invece, partii da qui per andare a fare una settimana a Taizé, la mia prima e unica. Anche a vent’anni, quando iniziai a studiare arte contemporanea, fu qui che venni a vedere una delle mie prime mostre; era di un surrealista che nemmeno mi piaceva, Paul Delvaux. Non sono molte le città in cui sono tornato più volte, e stavolta ci sono arrivato addirittura senza mezzi.
Ho almeno un paio d’ore in attesa che apra il calzolaio che ho scelto. Affamato, ho la fortuna enorme di trovare una focacceria specializzata in specialità liguri, non ho bisogno d’altro. Scelgo l’abbinata dei miei sogni: focaccia di Recco e farinata. Straordinarie! Molto gentilmente, i proprietari mi lasciano mangiare dentro, su una mensolina, anche se non si potrebbe, sempre per via del virus. Quando riparto, saluto e vengo salutato con grande cortesia; è il gesto più semplice del mondo, ma fa sempre la differenza.
Il cielo e il sole sono al loro meglio, e la città di conseguenza. Passo del tempo in un negozio di bigiotteria molto originale. È pieno di collane e orecchini che piacerebbero tantissimo a una mia ex, ma mi trattengo dal fare regali che poi farebbero solo casino. Non mi faccio mancare un bel gelato. Cerco il posto in base alle recensioni sul web; può non esser molto poetico, ma funziona. Scopro l’estasi della stracciatella al gusto di caffè, uno dei gusti migliori mai assaggiati in vita mia. Inaspettatatmente, sembra stia diventando il pellegrinaggio dei gelati e delle vasche da bagno.
Tra una cosa e l’altra, finisco spesso a pensare al beneficio che mi ha dato la ginocchiera comprata a Mortara: c’è quasi del miracoloso. Mi domando quanto avesse ragione Marco, un conoscente che sosteneva che il problema al ginocchio rappresentasse la parte di me che non accettava la partenza. Sono arrivato a pensare che forse in parte sia vero. Ogni volta che mi fermo la allargo per lasciare riposare la pelle e il tessuto; è anche comodissima. È strano come questo tema riesca a mettermi in pace. Di certo è perché sembra lo abbia risolto, ma credo anche sia per via degli esperimenti di dialogo col corpo. Inizio a pensare che sarà un qualcosa che sperimenterò ancora più a fondo durante le prossime settimane.
Arriva l’ora della consulenza del calzolaio. La sentenza è inappellabile: pollice in giù! È possibile incollarle, ma prevedendo poi solo un uso per piccole gite; non potrebbero sopportare tutto quello che ancora mi aspetta. Ricevuto.
Poco lontano trovo quel paio di negozi monomarca in cui già avevo programmato di recarmi se fosse andata così. Nel primo tutto costa troppo, mentre nel secondo trovo opzioni più adatte a me. Il proprietario, a quanto dicono certe recensioni sul web, ha la fama di avere un carattere poco cordiale, diciamo così, e anch’io ne faccio esperienza. Nessuna disonestá, solo poca gentilezza. Per fortuna, una delle commesse mangia la foglia e mi assiste nella scelta con grande premura. Scambiamo due chiacchiere piacevolmente ma, quando sto quasi per decidermi, viene mandata a fare altro e sostituita da una collega che sembra sintonizzata sulla stessa lunghezza d’onda del titolare. Mossa molto chiara. Mi chiedo di cosa abbiano paura. Mi accompagna in cassa e mi comunica il prezzo. Le scarpe sono di una linea vecchia, ma intuisco che chiedere uno sconto a questo cyborg sarebbe inutile.
Eccomi, quindi, a muovere i primi passi con le mie scarpe nuove di zecca. Sono più leggere delle altre e non mi danno nessun fastidio, nonostante debbano ancora prendere la forma del piede. Se già sono comode ora, mi immagino poi! Spero proprio di non incappare in vesciche o chissà che altro.
Porto con me anche quelle vecchie perché ho già deciso dove lasciarle.
Prendo l’autobus e scendo alla fermata prima della casa di Federico, il ragazzo che mi ospiterà stasera. Usare un mezzo non mi fa sentire in colpa neanche stavolta, per il semplice fatto che l’autobus mi porta indietro rispetto al mio senso di marcia. Cammino qualche minuto e suono alla casa parrocchiale di una chiesa dedicata proprio a San Giacomo. Non è un caso trovarla ora, perché avevo già programmato ieri di passarci. Piuttosto, lo è stato scoprire che era vicina a dove avrei dormito, quello sì. Chiedo se sia possibile avere un timbro per la mia credenziale e ne approfitto per lasciare anche le mie scarpe, spiegando di non farsi intimorire dalla grandezza della parte scollata, perché sono facilmente riparabili e ancora perfette per un uso normale. Il sacerdote cede alle mie insistenze, anche se poco convinto siano poi un grande affare. Spero si ricreda e che il calzolaio abbia detto la verità.
Alleggerito e contento, raggiungo finalmente la dimora di stasera: un palazzone moderno e altissimo, almeno per i miei standard da provincia. L’appartamento è addirittura all’ultimo piano.Federico è un uomo pieno di energia, generosissimo ed entusiasta di incontrare persone nuove; ne ha ospitate un numero sbalorditivo. Mentre finisce il suo lavoro al computer, mi lascia tranquillo a sistemarmi e fare la doccia. Mi invita anche a godere dello spettacolo dal balcone e dalla terrazza in cima all’edificio, e in effetti il panorama in entrambi i punti è eccezionale. Anche la grande area industriale circostante, con le sue immense proporzioni, mi produce un certo fascino; forse perché la posso guardare dall’alto, oppure perché ha come sfondo le Alpi, sovrastate da un cielo splendido. Sono bastati pochissimi giorni per vederle ora così vicine, è incredibile, eppure ricordo che a Lamporo mi sembravano straordinariamente distanti. È un altro grande fronte di scoperta del viaggiare camminando: capire quanto sia efficace spostarci sulle nostre gambe. Non si può capire se non si sperimenta.
Passiamo una splendida serata, parlando davvero di tutto. Mi spiega che riesce a lavorare facilmente da casa, ma da sempre si dedica anche a un numero di attività che mi lascia sbigottito. Mi racconta aneddoti di ogni genere; sembra aver vissuto tre vite in una. Ha competenze ampissime, ma una delle sue caratteristiche maggiori sembra essere una generosità senza misura. Pensando a quante persone ha ospitato, resto stupito quando mi confessa che sono l’unico che ha voluto lavare i piatti, ma mi fa piacere essere ricordato per questa dovuta gentilezza.
Buona notte, Torino.