(Couchsurfing da Stefano)
27km
Mi sveglio magnificamente riposato. Sono le sei e mezza. I miei due amici hanno accettato di alzarsi alla mia stessa ora, per fare colazione insieme e salutarci come si deve. Se fossi partito prima avrei potuto approfittare di più della frescura del mattino, ma non è sempre la cosa più importante. Mi godo ancora la loro compagnia piena di premura e umorismo, poi concludiamo con una foto di rito sulla quale si imprimono i nostri tre sorrisi e le nostre occhiaie.
Dal terrazzo mi lanciano gli ultimi saluti e mi vedono andar via.
Lascio Martinengo e finalmente inizio a dirigermi verso ovest. Il mio percorso non procederà certo tutto in linea retta, ma perlomeno ora i miei passi si muovono verso ovest, e psicologicamente è una sensazione niente male.
Uscendo dal paese, costeggio una chiesa i cui affreschi interni so essere sorprendenti, ma purtroppo è chiusa. Mi riprometto di visitarla al mio ritorno, anche se non so ancora che sarà di me dopo quest’esperienza. La scelta di lasciare tutto si associa al desiderio di essere libero se arriveranno opportunità inattese che sapranno conquistarmi. Speriamo succeda!
Mi godo qualche chilometro immerso nella campagna, per poi sbucare a Romano di Lombardia, che sfioro soltanto.
Attraversando il ponte sul fiume Serio, il caso vuole che veda passare in auto proprio i due amici lasciati poche ore prima. Chiamandomi e sventolando le braccia fuori dai finestrini, mi regalano ancora un’iniezione di allegria, molto utile quando si passa da contesti urbani non certo entusiasmanti.
Lungo la strada ho anche modo di scambiare due chiacchiere con un ciclista, Adriano, che si ferma e mi domanda dove sono diretto, incuriosito dalla conchiglia che ho appesa sullo zaino. Quando glielo svelo, gli si illumina il volto e mi lascia con dei grandi auguri di buon viaggio; una bella sensazione essere salutati così da uno sconosciuto.
Fuori dalla chiesa di Bariano, chiedo informazioni a un giovane padre, tutto tatuato. Un figlio, vulcano di energia, sta giocando nella piazzetta, mentre credo ce ne siano altri in un passeggino doppio che tiene vicino a sé.
Mi colpisce all’istante per i suoi occhi spalancati: sembrano invitarmi a fare conoscenza, a fidarmi di lui. Non mi tiro indietro, e gli domando se ci siano negozi di alimentari e parchi dove fermarsi a mangiare. Confermando le mie impressioni, si rivela una persona straordinariamente estroversa e gentile. Mi dà le indicazioni che gli ho chiesto, ma continuiamo a parlare. Quando viene a sapere dove mi sto dirigendo, il sorriso in volto gli si accentua ancora di più e, anticipando la rivelazione con un attimo di suspense, mi indica il figlio più grande e mi svela il suo nome: si chiama Santiago.
Un piccolo grande bacio dalla sorte, di quelli che tanti pellegrini raccontano di ricevere prima, durante e anche dopo i loro lunghi cammini.
A molti potrebbe sembrare una semplice ed inutile coincidenza, eppure percepisco come un piccolo zampillare di energie che si incontrano, una lampadina che si accende. Per un istante la mia parte più scettica e razionale cerca di spiegarmi che è solo un caso, poi anche lei si rende conto che in vita mia non ho mai incontrato fisicamente nessuno con questo nome. Mi lascio quindi trasportare dalla suggestione che questo incontro non sia casuale.
Il padre, invece, si chiama Matias ed ha origini argentine. Si mostra particolarmente interessato alla mia scelta e al mio progetto, e mi racconta di alcuni suoi grandi viaggi molto affascinanti, non perdendo mai quella luce che gli ho visto negli occhi fin dall’inizio.
Pochi minuti e siamo raggiunti anche dalla moglie, Federica, anche lei giovane, solare e dalla pelle piena di tatuaggi. Sono tutti belli – incredibile! – singolarmente, come coppia e come famiglia. Nel passeggino scopro le altre due figlie: si chiamano Camilla e Isabella: sono due splendide gemelline, seppur con fattezze incredibilmente diverse l’una dall’altra.
Sembra arrivata l’ora di salutarsi, ma Matias rilancia con entusiasmo, invitandomi a pranzo da loro. Accetto l’invito con grandissimo piacere.
Andiamo con l’auto nel paese di fianco, Masano, dove vivono. Ho un po’ di amaro in bocca per quei tre chilometri non camminati, ma mi rassereno: ho voluto farmi trasportare dal senso di connessione che ho provato, non ho accettato per banale convenienza. Il cammino saprà perdonarmi.
La casa è molto bella, calda, accogliente, piena zeppa di magnifiche foto di tutti loro. Mentre i due genitori si danno da fare per cucinare cose golose, i tre piccoli giocano, li chiamano, si infastidiscono a vicenda, come è normale che sia. Sotto i miei occhi, Matias e Federica si dividono freneticamente tra i bimbi e la cucina. Mostrano severità quando serve, ma sforzandosi di trasmettere la loro amorevolezza. Io assisto con gran rispetto, dicendomi che probabilmente non sarei in grado di stare nei loro panni.
Dopo pranzo, resto a chiacchierare ancora un po’ e, quando infine ci salutiamo, Matias insiste per accompagnarmi all’imbocco della pista ciclabile, lì a due passi. Restati soli, mi confessa che si sta separando da Federica. Mi rammarico, perché mi erano piaciuti molto tutti insieme, ma mi dà anche l’impressione di star affrontando la scelta con maturità. Strano e prezioso trovarsi in così stretta connessione con una persona appena conosciuta, e anche lui mi pare pensi lo stesso. Ci salutiamo come fossimo vecchi amici, augurandoci il meglio.
Oggi devo arrivare a Treviglio. Lá ho trovato un posto dove dormire tramite Couchsurfing, un’applicazione che in tutto il mondo mette in contatto viaggiatori come me e persone che offrono pernottamenti gratuiti. Sembra strano a dirsi, ma tutto trova il suo equilibrio fondandosi sulla convinzione reciproca che l’incontro tra diversità sia fonte di straordinario arricchimento.
Sfioro Caravaggio senza passare da un altro famoso santuario, per via del tempo già speso a casa di Matias e Federica.
Raggiunta Treviglio, passo per prima cosa da un ufficio parrocchiale, dove mi faccio mettere un bel timbro sulla credenziale. Dopodiché faccio tappa in farmacia per presentare il mio problema al ginocchio, spiegando che non voglio iniziare subito a massacrarmi di antinfiammatori. Me ne consigliano uno blando, naturale, che evita anche la formazione di edemi. Cominciamo con questo. Faccio poi qualche rifornimento al supermercato e infine aspetto sotto casa di Stefano – così si chiama la persona che mi ospiterà. Si rivela essere molto gentile e alla mano. Fa l’avvocato ed è appassionato di Diabolik. Riesce a farmi sentire come a casa mia, cucinando anche un’ottima cena. Ha lasciato che comprassi io solo il vino e un dolcetto, dimostrandosi veramente generoso. La chiacchierata con lui è davvero interessante, e alla fine mi regala anche delle parole che mi fanno venire la pelle d’oca: “Sei tu che dai qualcosa a chi ti ospita”. Wow! Fatico a fare mio questo gigantesco complimento, ma prometto a me stesso di tentare sempre di onorarlo.
Per la notte, posiziono il mio materassino in salotto.
Sistemando le ultime cose, faccio una scoperta che mi strappa una risata e un’imprecazione. Scegliendo una nuova posizione nello zaino per la busta dei picchetti della tenda, ritrovo quelli che pensavo di aver perso in chissà quale modo pochi giorni prima della partenza. Dovetti fare i salti mortali per trovarne di nuovi, ugualmente leggeri, e invece eccoli qua! Dannazione! Pazienza, si aggiungeranno alle cose che sto già pensando di rispedire a casa fra non molto.
Solamente tre giorni e già l’esperienza si sta dimostrando eccezionale. Mi sento in un flusso di energia positiva che non posso dare per scontata. La fanno da padrone l’accoglienza calorosa di tante persone e la bellezza che continua a dischiudersi, tanto attraverso alcuni paesaggi quanto nel gusto che mi sta dando il camminare.
Il corpo è provato, devo ammetterlo. Più di ottanta chilometri in tre giorni sono di certo una delle cause principali del mio problema al ginocchio, ma sento comunque che questo è il ritmo giusto per me. Spero di non sbagliarmi.
Per la terza notte mi addormento pieno di gratitudine. È una delle sensazioni migliori del mondo. Ho scelto bene la mia avventura.