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cammino di santiago - roberto pesenti

11/09 Prunières – Gap

(Casa d’accoglienza delle Suore della Provvidenza)
32km

La mattina mi alzo presto e faccio colazione da solo, ma ho comunque il piacere di poter salutare Claire prima di partire. Lei sceglie di chiedere una benedizione per me davanti a una statua di un santo di nome Pedro di Alcantara. La figura di legno antico campeggia in un angolo del salotto, splendida e particolarmente.
È un momento toccante. Non fa parte di me una fede simile per le figure dei santi, ma mi sento comunque onorato per quel gesto e lo accolgo con tutta la partecipazione che posso.
Mi accompagna poi fino alla strada principale, poco sopra, che mi ricollega alla via Domitia. Mi saluta con sincero affetto e mi garantisce che lì sarò sempre il benvenuto. È davvero un bellissimo gesto, a coronamento di un’accoglienza memorabile.

Tutta la vallata sotto di me è sommersa da una spessa nebbia, non c’è minimamente modo di vedere il lago. Sopra la mia testa, invece, un fantastico cielo azzurro e qualche nuvola rosata dal sole, che ancora sta nascosto da qualche parte.
Man mano che proseguo lungo la strada asfaltata, vedo la cappa di nebbia salire della valle e sfilacciarsi lentamente, come fosse zucchero filato.

Scendo in continuazione per almeno un’ora, fino a raggiungere il fondovalle e la cittadina di Chorges. Jean-Paul ieri sera ci aveva tenuto a consigliarmi un bar di italiani proprio da queste parti, all’uscita del paese. Mi ha detto che ci avrei trovato dei croissant molto buoni, e magari avrebbero avuto tempo per parlare un po’ con me. Spulciando mappe e tracce GPS, mi rendo conto che è un po’ fuori dal percorso, ma non mi va di sprecare il buon consiglio, così mi regalo una deviazione golosa. In effetti, i dolci sono una leccornìa, ma non è presente nessuno dei proprietari. Mi sarebbe piaciuto scambiare quattro chiacchiere, scoprire la storia di quei miei connazionali e chiedere loro qualche consiglio, ma è andata così.

Dopo lo spuntino, torno subito sulla mia rotta, lasciando la Durance e la sua valle. Mi sembra di capire che il motivo sia l’inclusione della città di Gap nell’itinerario studiato per la Via Domitia. Visionando lo sviluppo complessivo del tragitto, capisco che tornerò altre volte nelle vicinanze del fiume, ma non sempre per seguirne il corso. Scopro anche che mi aspettano altre tappe montane molto impegnative. Ça va sans dire…

Decido di evitare una pur breve salita verso il borgo di Montgardin. È una delle pochissime libertà che mi sono concesso nei confronti della traccia ufficiale, finora; forse l’unica. Credo di star vivendo un passaggio interiore importante: sentendomi più rilassato e libero su questo cammino, ma è qualcosa che ogni giorno sembra riplasmarsi. Staremo a vedere.

La nuova vallata che mi trovo a percorrere mi regala una decina di chilometri piuttosto rilassati, tra campi e pascoli forse un po’ anonimi, ma incredibilmente pacificanti. Vedere piccole mandrie di vacche che riposano pigramente al sole mi diverte, sembra che niente le possa turbare. Se ne stanno semplicemente lì, spendendosi in gesti minimi, utili giusto a scacciare qualche mosca. Hanno prati enormi tutti per loro, ma stanno radunate spesso in piccoli spazi.
Anche quelle che sono sparse a brucare mi lasciano incantato, strappandomi ogni tanto qualche risata; sarà forse per le loro espressioni. La loro indifferenza mi diverte.

Dopo questa parentesi bucolica, arrivo alla base di un colle dove parte il sentiero diretto al Santuario di Notre Dame du Laus, un luogo di apparizione mariana che scopro essere molto noto. Fa capo all’apparizione della Madonna a una pastorella, nel XVII sec. La cosa che mi incuriosisce è che la storia non narra di una sola apparizione, né di una serie limitata, ma di un rapporto continuato lungo l’arco di decenni. Ieri sera Claire mi aveva accennato qualcosa a cena, ma stavo ormai esaurendo le energie e anche la mia attenzione faceva acqua da tutte le parti.

Imbocco la salita, che subito affonda nel bosco. Man mano che mi avvicino, incontro luoghi particolari legati alla vicenda. È curioso e affascinante notare come l’uomo imprima segni, ponga targhe ed edifichi lapidi, o addirittura monumenti, chiese, o intere città, lá dove qualcosa è accaduto, o si crede sia accaduto. Un semplice sentiero diventa memoriale di qualcosa che quella popolazione non vuole dimenticare.
Riflettendo su questi grandi sforzi che l’uomo spende per fermare un po’ il tempo, però, mi rendo anche conto che nel frattempo le pietre restano pietre e la natura prosegue i suoi cicli senza curarsi troppo di tanta enfasi.
Nonostante ciò, se c’è qualcosa che davvero mi ha scosso nel profondo in questo mio piccolo grande viaggio è proprio la natura. Mi chiedo se ci ricordiamo abbastanza che ogni singola foglia è già testimonianza viva dell’unicità sacra in cui siamo immersi e di cui facciamo parte.
Non rinnego il valore della bellezza creata artificialmente, ma penso ancora alle mucche di prima. Forse anche a noi, a volte, basterebbe fermarci un po’, o almeno rallentare, ascoltare più che costruire, imparare meglio a riconoscere la ricchezza in cui già siamo calati, esercitare gratitudine, anche da non credenti.
So di non dire niente di nuovo, però sono contento che questi sentimenti nascano dall’esperienza diretta e non da aridi intellettualismi.

Lungo il percorso, e fino in cima, noto anche che tutto è attrezzato per l’accoglienza di grandi afflussi di gente. Ora però non ci sono che una ventina di persone, chi a zonzo, chi seduto a pranzo. C’è quindi un certo senso di desolazione, ma non mi infastidisce.
Per ragioni di precauzione sanitaria, l’ingresso in chiesa è vietato, così non mi resta che bere un caffè al bar, prendere fiato e proseguire sul mio percorso. Ovviamente, il punto che dovrò raggiungere e superare è quello più alto di fronte a me. C’era da scommetterci.

Ci arrivo con fatica, premiato parzialmente dalla vista sul santuario e sulla valle da cui sono partito. Imbocco poi una dolce discesa tra strade e sentieri, attraversando un paio piccoli borghi, non antichi, ma sempre graziosi. Un’ultima collina mi divide dalla città di Gap, dove spero di trovare un alloggio a prezzo “pellegrino”.

In cima, mi imbatto in qualcosa del tutto inaspettato: una sorta di lapide, alta due metri e mezzo almeno e dedicata proprio ai viandanti diretti a Santiago. C’è affissa una targa in terracotta con scritto al centro “ULTREIA”, antica espressione di incoraggiamento che può essere tradotta come “Andiamo oltre!”. È la prima volta che incontro questa parola, se non sui libri. C’è anche una nicchia che contiene la rappresentazione in ceramica colorata di un pellegrino. Questa specie di monumento mi mette di buon umore, e mi rinvigorisce quanto basta per proseguire, perché la verità è che sono veramente cotto.
Guarda un po’, comunque: poco fa elogiavo la natura a discapito dei manufatti umani e ora mi gongolo tutto per averne incontrato uno che sembra aspettasse proprio me. Finisco col riderne, facendo tesoro dell’ennesima lezione.

Dopo un paio di chilometri di discesa arrivo nel centro di Gap. Per la prima volta, però, ho attraversato delle periferie davvero poco belle rispetto a quanto finora la Francia ha saputo regalarmi. Ovviamente non mi scandalizzo; in Italia sono certo che zone simili passerebbero inosservate alla maggior parte delle persone. D’altronde, poi, faccio presente a me stesso che sto spostandomi per lo più lungo colline, montagne e paesini, evitando tante aree esteticamente brutte, spesso presenti proprio ai margini delle città. Probabilmente anche per questo sto mietendo tanta bellezza.

Gap mi appare vivace, la gente non manca, ma sono certo che senza il virus la città brulicherebbe di molte più persone.
La cattedrale è chiusa, aggiungendosi alla lunga serie di luoghi di culto, piccoli e grandi, che non potrò visitare e che avrebbero impreziosito molto il mio viaggio, anche interiore.
L’edificio è oggettivamente bello, anche se si percepisce sia abbastanza recente. Con una rapida ricerca, scopro di averci visto giusto: è stato costruito a cavallo del 1900. Scorgendo al suo lato gli uffici della segreteria parrocchiale, entro per chiedere se ci sia qualche possibilità di essere ospitato questa notte. All’ingresso della città ho visto un centro diocesano molto grande e ben curato, chissà che lá non ci sia un angolino che mi aspetta.
In realtà, la segretaria mi indirizza verso un altro luogo, la casa delle suore della Provvidenza, la cui sede si trova molto vicina. Accolgo il consiglio con serena fiducia e mi congedo.

Là trovo una grande insegna rossa rettangolare con scritto semplicemente “Providence”. Direi proprio che a un pellegrino non serva altro! Al piano terra c’è una scuola per l’infanzia. Un paio di mamme stanno aspettando i propri figli e una giovane maestra, vedendomi un po’ spaesato, mi indica gentilmente di salire al piano superiore. Così faccio. Suono quindi a una porta chiusa e vengo accolto da una signora visibilmente anziana, ma dallo sguardo luminosissimo. Con mia gran sorpresa scopro che è italiana: si chiama Raffaela, è originaria di Eboli e ha la bellezza di 95 anni! Non l’avrei mai detto. Mi tratta fin da subito in maniera amorevole, dandomi un letto in una piccola camerata e mostrandomi la cucina.

Le ultime ore della giornata le dedico a darmi una sistemata, a fare un po’ di spese, a visitare ancora un po’ il centro cittadino e a consumare la mia cena.

È stata una gran tappa anche oggi. Le energie erano poche ma sono bastate, quindi, più che mai, ultreia!

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Categorie:

Francia, Hautes-Alpes, PACA