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cammino di santiago - roberto pesenti

31/08 Lamporo – San Raffaele Cimema (TO)

(in tenda da Savino e Angela)
35 km

La notte è stata particolarmente inquieta, ma la mattina mi consolo con la compagnia del buon Giancarlo, che ha accettato di svegliarsi presto e fare colazione con me.
Alla partenza, il paesino è immerso in una luce ancora molto tenue. Se ne esce come si è entrati: seguendo il canale. C’è addirittura una chiesetta che gli sta a cavallo. Non oso immaginare l’umidità, però una scelta simile è manifestazione di una creatività non scontata, che apprezzo molto.

Una volta tra i campi, ritrovo la vista delle Alpi. Hanno le cime già rosate da un sole che io ancora non posso vedere. In pochi secondi, inaspettatamente, esplodo in una commozione strabordante. Mi aspettavo un’emozione intensa stamattina, con l’alba sulla grande catena montuosa, ma non così. Quei massicci mi trasmettono qualcosa che non so interpretare, e che entra in me squarciando ogni difesa. È come un vento benevolo, tiepido, ma fortissimo, e dentro mi pare di sentire pezzi che si staccano e si frantumano. Rimane una grande spaccatura, è come fossi cavo ora, eppure senza sentirmi mancante di qualcosa. Tutto può passare attraverso; sono sopraffatto dallo sconvolgimento, ma sento anche di essere più leggero. Piango moltissimo e, come nei migliori momenti, un riso liberatorio fa compagnia alle lacrime.
Mi nascono parole di preghiera e le appunto; hanno anche loro un colore speciale oggi. Come inizio di giornata, direi che non è niente male.

Questa volta mi ci vuole parecchio tempo per tornare in me. Nel frattempo, il sole è salito ma qualche nuvola gelosa e isolata sembra voglia coprirlo a tutti i costi. Raggiungo e attraverso il Canale Cavour. Ne ho visti molti fin qui, ma vivo la strana sensazione di un primo incontro, forse perché di certo è il più grande che ho incontrato. L’acqua scorre calma e la sua superficie è perfettamente piatta, sembra quasi solida. Mi dà un senso di sobria eleganza. Lo lascio, sapendo che più avanti ci incontreremo ancora.

Trovo altre scritte su qualche cippo. Una dice:

Camminiamo, leggiamo e balliamo.
Questi tre divertimenti non potranno mai fare del male al mondo”.

Un’altra:

Una briciola d’oro non ti dà una briciola di tempo”.

Questa è pesantissima, un colpo di maglio. In fondo nella vita ci vogliono entrambe le cose: qualcosa che dia slancio ai nostri voli sognanti, e qualcos’altro che che ci radichi nella concretezza.

Attraverso anche la Dora Baltea, che fino ad oggi per me era stata solo un nome bellissimo conosciuto quasi trent’anni fa sul sussidiario delle elementari e mai più apparso nella mia vita.
A Torrazza Piemonte mi imbatto in un gigantesco cantiere proprio sul tragitto che devo seguire. Aggirandolo allungherei troppo il percorso, così lo attraverso sfacciatamente, oltrepassando nastri e recinzioni. Tutto fila liscio, vengo notato ma nessuno si interessa alla mia presenza.
Purtroppo pago comunque la mia apparente furbizia, perché sbaglio strada una volta uscito dal cantiere, e me ne accorgo solo un quarto d’ora dopo, ormai fuori rotta. In questi casi la cosa che preferisco è farmi un regalo di consolazione, qualcosa che riempia lo stomaco, mi rilassi e mi dia energie per ripartire.

Faccio tappa al supermercato, quindi, e mi regalo una merenda. Cercando di tornare sul percorso giusto, poi, incrocio una coppia di anziani a passeggio sotto il sole, mano nella mano. Mi volto spesso a riguardarli mentre si allontanano. Non ci si stanca mai di vedere certe cose.

Come previsto, ritrovo il Canale Cavour, ma questa volta ci camminerò di fianco fino a raggiungere Chivasso. Una volta là, mi fermo a pranzare in una pizzeria all’ingresso della cittadina, ingolosito da un cartello con scritto “Pizza al tegame”. Sono l’unico cliente e al proprietario accenno il fatto di essere alla ricerca di un alloggio economico o di un luogo dove piantare la tenda. Inizialmente sembra entusiasta del mio viaggio e mi dà l’impressione finirà col rispondere alla mia domanda con qualche utile dritta. In realtà, non appena finisce di cuocere la pizza, se ne va a fumare e mi lascia al mio pranzo senza concludere il discorso. Decido quindi di bussare come al solito alla porta del parroco.

Trovo la chiesa aperta, ma una gentilissima donna delle pulizie, Maddalena, mi avvisa che il sacerdote è fuori paese. Nel frattempo entra con passo sportivo una signora, lasciando fuori dalla porta il passeggino che spingeva. Va a ringraziare davanti all’altare, in piedi e a braccia aperte, cantando qualcosa a voce bassa. È bello vederla, ma intanto vado con discrezione a dare un’occhiata al passeggino, che così abbandonato per strada mi preoccupa un po’, ma per fortuna lo trovo pieno solo di una borsa della spesa.
Quando la donna esce non la fermo. Forse però sbaglio, perché l’intuito mi diceva di farlo, per chiedere anche a lei per un alloggio. Comunque ormai è andata.
Cammino ancora un po’ per il centro, ma è come se in questo paese non percepisca un clima ideale per me. Provo comunque a chiedere ad altre persone: prima una coppia di impiegati comunali che aveva appena staccato, poi un uomo distinto seduto su un panchina poco distante. Seppur cortesemente, tutti mostrano di non avere intenzione di aiutarmi.

Mi nasce in testa la convinzione che il paese successivo, San Raffaele Cimena, farà al caso mio. Ho ancora energia nelle gambe, e mi butto. Esco da Chivasso attraversando per la prima volta il Po e sbucando in scenari collinari molto simili a quelli del mio paese d’origine. Il cielo ha qualcosa di strano: la luce del sole è fortissima, ma non si ha quella percezione di biancore diffuso. Tutto è limpido, nitido, e il blu del cielo è particolarmente intenso, occupato qua e là da nuvole che sembrano sculture di marmo. Non so, è come quando si passa ad un televisore 4K, qualcosa del genere. L’arsura si somma alla fatica per i tanti chilometri percorsi, ma il fisico regge comunque bene, probabilmente sostenuto dalla bellezza attorno.

Attraverso un’area lungo il fiume dove tutto, ma proprio tutto, è ricoperto da una sorta di edera infestante. Infinite foglie brillanti rivestono ogni centimetro quadrato di superficie, come un mosaico: una cosa mai vista.

Avvicinandomi poi a San Raffaele, vicino a dei frutteti, incrocio un uomo in bicicletta che traina un carretto con sopra due bambini. Hanno tutti e tre un’espressione molto simpatica e sembra si stiano divertendo un mondo. Mi presento e provo a chiedere se in paese potrebbero esserci luoghi dove io possa piantar la tenda senza infastidire nessuno.
Il signore alla guida si chiama Savino, ed è il nonno dei due bambini. Mi dice che di fronte a casa sua ci sarebbe posto. Poi, pensandoci un altro po’, cambia idea e mi propone di stare da lui per questa notte, convinto che anche la moglie sarà d’accordo. Wow! Ancora una volta resto stupefatto e ringrazio con tutto il cuore.
Mi indica dove si trova la casa e ci diamo appuntamento, perché prima deve finire il tour coi simpaticissimi nipoti. Più che giusto!

E così, eccomi a camminare più felice che mai, rinvigorito dalla splendida novità. Arrivato al paese, noto subito che ha un aspetto davvero molto arioso e curato, trasmettendo la sensazione di una buona vivibilità. Chiedo a un passante dove potrei trovare dell’acqua. Con mio gran piacere, anche lui mi risponde con un bel sorriso e viva gentilezza, indirizzandomi al parco vicino. Una volta là, domando a dei bambini dove si trovi la fontana. Anche loro mi indirizzano con una cortesia quasi appassionata. Forse sono solo stato molto fortunato, ma l’impressione è che questo paese sia un’insolita oasi di buone maniere e generosità.

Mi dirigo poi alla chiesa per farmi timbrare la credenziale. Al suo interno, ho il piacere di trovare appesa l’immagine di Chiara Luce Badano, di cui conosco la biografia. È la prima volta che ne vedo il ritratto affisso in un luogo sacro. Oltre a me non sembra esserci nessuno, ma in bacheca c’è l’indirizzo e il numero del sacerdote. Abita lì dietro; suono, ma nessuno risponde.
A fianco della chiesa scopro esserci il Comune. Provo lì, ma un cartello indica che si può entrare solo su prenotazione, per via del Covid. Provo allora a chiamare per telefono il parroco. Si dimostra molto affabile, ma purtroppo è in vacanza e non può aiutarmi. Proprio in quel momento una bambina esce dal Comune. Le chiedo se possa entrare anch’io, spiegandole il motivo. Mi risponde che la sua mamma lavora lì e può domandarglielo; così entra e, un minuto dopo, torna con un via libera. Perfetto! Dentro trovo alcune impiegate che confermano a loro volta la diffusa cortesia del paese. Ascoltano entusiaste le cronache delle mie prime due settimane di viaggio e mi offrono anche un tè. Ricevuto poi un bel timbro sulla mia credenziale, ci salutiamo in allegria.

Poco dopo, sono fuori da casa di Savino. Angela, la simpatica moglie, si presenta subito. Riescono subito a mettermi a mio agio, facendomi capire chiaramente che per loro non sono assolutamente un disturbo; sentirsi accolti in questo modo è stupefacente. I due nipotini sono incuriositi dal fatto che tutte le cose che mi servono stiano dentro a uno zaino, ed esprimono il desiderio di vedere la tenda montata. Così, prima che arrivi a prenderli la mamma, decidiamo coi nonni di piantarla in giardino. Mi diverte collezionare un’esperienza di campeggio anche in un cortile privato.
L’unica nota dolente di questa giornata è lo scoprire che mi si è letteralmente aperto uno scarponcino, scollandosi proprio sulla punta per almeno quattro o cinque centimetri. Mi consolo pensando che domani arriverò in una grandissima città come Torino, dove certamente troverò un gran numero di negozi che faranno al caso mio. Fossi stato in mezzo alla campagna, avrei dovuto di certo prendere dei mezzi e scombussolare tutti i miei programmi.

Una volta arrivata la mamma, salutiamo i piccoli e io posso approfittare di una doccia rigenerante. Passiamo il resto del tempo in cucina, dove ceniamo e ci raccontiamo le nostre vite. Come sempre sembra accadere, ne nasce una condivisione intima e preziosa, dove non mancano tanti momenti divertenti.
Arriva infine l’ora di andare a dormire, ed è quasi buffo salutarli alla porta e sistemarmi in cortile. Grazie al cielo mi sono ricordato di chiedergli le chiavi in prestito, nel caso dovessi andare in bagno.

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Italia, Piemonte