Info Racconto Extra
cammino di santiago - roberto pesenti

02/10 Carcassonne – Villeneuve-lès-Montréal

Maison Iris
34 km


La mattina molto presto faccio colazione insieme a Max, il figlio di Vincenzo: ha un’aura incredibilmente positiva. È giovane, ma è diventato già uomo da un pezzo.
Ascoltare anche solo piccole testimonianze di vita direttamente da chi le ha vissute è una delle cose che amo di più; forse anche perché nel farlo affiorano alcune delle mie parti migliori. Rifletto spesso su questa cosa: in passato mi ha già spinto a dar forma a diversi progetti originali che mi hanno riempito di soddisfazione, e in futuro spero sia un’abitudine che riuscirò a mantenere.

Nel frattempo si svegliano anche Vincenzo e sua moglie, e sono contento di poterli salutare dal vivo prima di partire. Non vogliono che li ripaghi in nessun modo; è l’ennesimo “debito” che la vita segna sul mio conto. Non ho dubbi al riguardo: godere di questa gratuità oggi dovrà corrispondere all’impegno di metterla in gioco io stesso un domani.
Saluto di nuovo tutti e mi metto in marcia.

Vincenzo mi ha spiegato qual è la strada più facile per tornare in centro, ma mi rendo conto di aver capito male le sue indicazioni, perdendomi ben presto nel pur piccolo nel quartiere.
Riprendo quindi il mio navigatore per capire come uscirne. Mi propone un sentiero che costeggia il Canal du Midi, che sembra scorra proprio qui sotto. Strano, però: ieri mi era parso che non ci fossero vie di passaggio su questa sponda. Scelgo comunque di fidarmi, ma ben presto scopro che avevo visto bene; mi incastro subito tra fitti rovi, ritrovandomi costretto a tornare faticosamente indietro. È paradossale quante volte io mi perda proprio nella prima mezz’ora della giornata!
Su questa cosa ci dovrò lavorare, perché è davvero frustrante.

Riuscito in qualche modo a trovare la strada che mi aveva consigliato Vincenzo, comincio a scendere verso il centro, approfittando subito di una panetteria aperta per comprare qualcosa da spizzicare a metà mattina. Ritrovo una deliziosa quiche, come già a Fontvieille, solo che qui la pago il doppio. Devo sempre stare attento con le spese. Nei supermercati ci metto sempre una vita a scegliere cosa comprare, ma almeno riesco a trovare le combinazioni più convenienti, sia per lo stomaco che per il portafoglio. Quando sono nei piccoli negozietti, invece, mi sento sempre in balìa del commerciante, perché raramente i prezzi sono esposti, e non mi permetto mai di rinunciare a qualcosa di già pesato o battuto. È un disagio che ho da sempre anche a Bergamo, soprattutto dai piccoli fruttivendoli. Se ti fermi a dare un’occhiata per decidere bene cosa prendere, senti il fiato sul collo, ma pazienza; so che è la cosa più normale del mondo. Diciamo che fatico a farmene una ragione.

Tornato nel cuore della città bassa, faccio un’ultima deviazione prima di tornare sul GR. Mi dirigo verso una grande chiesa, dicendomi che a quest’ora e in una città come Carcassonne non può essere che aperta. Ahimè, mi sbaglio ancora; questa non me l’aspettavo.
Rassegnato, raggiungo il percorso ufficiale, costeggiando per l’ennesima volta il Canal du Midi. Lo lascio alla svelta, però, guidato in periferie urbane abbastanza anonime.

Per uscire dalla città impiego più tempo di quanto mi aspettassi, ma infine arrivo nei pressi di un grande lago artificiale, il Lac de Taure, una riserva idrica per i campi limitrofi. Da pochi minuti ha iniziato a piovere e tira un forte vento che increspa violentemente la superficie dell’acqua.
Trovo un po’ di protezione camminando lungo i sentieri nella pineta che affianca il bacino, ma mi perdo. Stamattina va cosí, è un miscuglio di sfortuna e disattenzione. Riesco a ritrovare i segnavia una decina di minuti dopo, in piena campagna. Non mi dispiacerebbe poter camminare per qualche ora in mezzo al niente, ma l’itinerario mi conduce lungo una serie di piccoli paesi.

Mentre attraverso il primo, Lavalette, mi imbatto in un bellissimo murales con rappresentati due pellegrini diretti a Santiago e un asino al seguito. È ben fatto, in bianco e nero e con scritti i chilometri mancanti a Santiago. Dice siano 1113, ma non so a quale via faccia riferimento.
Il paese successivo, Alairac, fa parte ancora delle circulades occitane. Mi sono quasi affezionato a queste cittadine “a chiocciola”. Percorrere la via a spirale crea quasi una sensazione di suspense, anche se poi difficilmente c’è qualcosa di speciale una volta arrivati al centro. Resta comunque un’esperienza sempre piacevole.
Mezz’ora dopo arrivo ad un terzo paese, Arzens. Sembra che da queste parti ci sia una particolare sensibilità per i pellegrinaggi verso Compostela, perché incontro alcuni cippi dedicati e una sagoma di ferro rappresentante il classico pellegrino del passato, con veste lunga e bordone. Rendersi conto che qualcuno prepara segnavia, murales e sculture solo per te – e a più di mille chilometri dalla meta! – è incredibilmente toccante, non l’avrei mai immaginato.

Uscito dal paese, comincio la salita verso Montréal. Sono ormai nella seconda metà della tappa. La pendenza non è per nulla proibitiva, ma la pioggia continua ad andare e venire. Non mi resta altro che farmela un po’ amica, sperimentando ancora l’efficacia del cantare in momenti del genere.
Salendo e guardandomi attorno intuisco che in una giornata di sole il panorama sarebbe stato bellissimo. Peccato.

Posso vedere il paese anche da lontano. Ha la particolarità di avere una grande chiesa che svetta sugli altri edifici quasi quanto quella di Capestang: è la Collegiale di Saint Vincent. Grazie al cielo, la trovo aperta. Stavolta, però, non sono alla ricerca di un piccolo momento di raccoglimento, ma di un vero e proprio rifugio. Ne ho bisogno almeno per un paio d’ore; tanto ci vuole, infatti, perché apra il minimarket del paese, dove ho bisogno di fare la spesa per la cena e per il pranzo di domani.

La chiesa ha proporzioni davvero imponenti, ma l’interno è inaspettatamente deteriorato. Questo fatto le regala comunque un fascino particolare, decadente.
Subito mi toglo la mantella bagnata e mi copro con qualcosa di pesante, perché capisco che altrimenti qui dentro congelerò. Gli unici luoghi appartati dove mettermi sono le cappelle laterali. Scelgo quella di San Rocco, giocando a sperare che il santo pellegrino mi eviti problemi. Confido che nascosto qui nessuno mi veda perché di certo non do una buona impressione, anche se in realtà non mi sento per niente sacrilego. D’altronde quale luogo di accoglienza migliore per un pellegrino, se non una chiesa?

Dedico qualche tempo alla preghiera, ma lo stomaco comincia a brontolare: è ora di osare un po’ di più. Sfilo dallo zaino una confezione di affettato e ci farcisco una mezza baguette. Che strana sensazione fare certe cose in un tempio, ma resto dell’idea di non essere nel posto sbagliato.
A un certo punto, un turista entra a scattare qualche fotografia. Non mi vede perché sono coperto per metà da una balaustra e l’ambiente è abbastanza buio, ma credo sia solo questione di qualche istante. Decido quindi di giocare di anticipo e lo saluto cortesemente, presentandomi e spiegando in poche parole che cosa ci faccio lì. Purtroppo non basta a evitargli un turbamento che gli leggo chiaro in volto. Esce di fretta, girandosi nervosamente un paio di volte per assicurarsi forse che non lo rincorra. Mi spiace averlo spaventato, ma ammetto che è stata una scena anche piuttosto divertente.

Arrivato finalmente l’orario di apertura del minimarket, lascio il mio insolito riparo e mi dirigo al negozio. Le proprietarie, madre e figlia, mi trattano molto gentilmente. Mi ricorderò sicuramente del dattero regalatomi dalla signora dopo che avevo già pagato: una delle cose più deliziose mai mangiate. Faccio anche una capatina nella boulangerie di fronte, per poi avviarmi a concludere la tappa.

Ho prenotato una chambre d’hôtes a Villeneuve-lès-Montréal. Si chiama Maison Iris, una meravigliosa abitazione dove viene offerto pernottamento, colazione e anche pasti. Ero già stato presso una struttura simile all’inizio della mia avventura francese, il Moulin Papillon di L’Argentière-la-Bessée. Come allora, anche oggi andrò parecchio oltre il mio solito budget, ma nemmeno stavolta ho trovato altro.

Arrivato a destinazione, i proprietari – Iris e Wolfgang – mi accolgono in maniera incredibilmente calorosa. Sono premurosi e cordiali, mi fanno sistemare e poi mi offrono addirittura birra e stuzzichini per aperitivo. Per la cena avevo avvisato che mi sarei arrangiato scaldando un pasto pronto al microonde, perché non potevo permettermi altro. Iris, però, fa qualcosa di inaspettato ed eclatante: avendo un’altra coppia di ospiti, è più forte di lei il desiderio di creare un clima di condivisione migliore possibile. Decide quindi di offrirmi la cena cosicché si possa vivere tutti insieme e ugualmente  quel momento.
Resto esterrefatto. Accetto, ovviamente, ma non con lo spirito di chi può approfittare furbescamente di qualcosa, bensì con l’immensa gratitudine di chi sta ricevendo gratuitamente non solo un pasto, ma anche una grande lezione.

Scopro che per loro, tedesco lui e svizzera lei, quella casa da 17 anni è un sogno coltivato e fatto crescere con passione immensa. In questo lungo periodo hanno affinato straordinariamente l’arte dell’accoglienza, che ormai sta al centro della loro vita. Addirittura sono riusciti spesso a diventare veri e propri amici di tanti loro ospiti provenienti da tutto il mondo.

Tra questi ci sono Sabine e Peter, la giovane coppia fiamminga ospite oggi come me: entrambi si rivelano gentili e pacatamente estroversi. Lui, artista per passione, è abilissimo nell’uso dei pastelli, applicati in particolar modo nella rappresentazione di paesaggi. Ci mostra un suo catalogo ed è bello accorgermi del loro stupore mentre commento i disegni. Ho dedicato tanta parte della mia vita a studiare arte, e qualche anno a praticarla. Per questo mi è facile cogliere dettagli che a molti sfuggono, a volte anche agli stessi autori dell’opera. Mi chiedo da lungo tempo se da questa dote riuscirò ancora a far nascere qualcosa.

Con tutti loro, riesco a parlare inglese con sufficiente padronanza. Non di rado mi capita di incartarmi, ma vengo ogni volta messo perfettamente a mio agio e alla fine riesco a capire ogni cosa, nonostante vengano toccati gli argomenti più disparati. Grazie anche al sottofondo di musica soft ricercata, ai due gatti trattati come figli, ai buonissimi vini e ai piatti squisiti di Iris, questa cena diventa un momento di condivisione indimenticabile.

Quasi inutile dire, infine, che la stanza è grande ed elegante, con bagno privato e un letto matrimoniale che non è certo adatto a un pellegrino, ma che mi godo comunque beatamente e – in fondo – senza nemmeno troppi rimorsi.

47_Villeneuve-lès-MontréalDownload

Categorie:

Aude, Francia, Occitania