(casa parrocchiale)
21,5km
Dormire sui banchi non è stato il massimo. Bastava che mi girassi, anche lentamente, e si inclinavano o si spostavano, dandomi un senso di instabilità che mi ha svegliato ogni volta. Ho pensato fosse una buona soluzione per evitare di respirare tutta la polvere che c’era per terra, e chissà, forse è andata bene così.
Che mi sia riposato o no, comunque, poco cambia: bisogna comunque ripartire.
Per colazione un succo e una barretta. Risistemo la stanza rimettendo sedie e tavoli com’erano, cercando di non fare troppo rumore, poi lascio le chiavi nella cassetta della posta e mi tuffo nelle strade deserte di Lodi. Direzione: Castiglione d’Adda. Mando un vocale a don Sergio, per ringraziarlo ancora. Mi risponde che mi ha sentito partire, e dalla finestra mi ha benedetto. “Un po’ come il papa”, aggiunge ridendo. Persona davvero bella.
Già all’uscita di Lodi, mi godo un’alba memorabile sulle risaie immediatamente fuori dalla città. Scopro con gioia che esiste una pista ciclabile che porta dritti a Castiglione. Confesso che a volte questo genere di tracciati, soprattutto in mezzo alla pianura, sono un po’ monotoni, ma resta comunque un gran privilegio rispetto al restare su un marciapiede o addirittura a bordo di una strada trafficata.
Il caldo e l’umidità non si fanno aspettare, mettendomi fin da subito alla prova.
Poco prima delle dieci, arrivo a Turano Lodigiano e mi metto a cercare un posto dove mangiare qualcosa. Prima però, mi faccio attrarre da una chiesa color pesca, ed entro per approfittare del fresco e per un minuto di raccoglimento. Una volta fuori, incontro il prete del paese, che mi si rivolge con parole senza tempo: “Buongiorno pellegrino! Da dove vieni e verso dove stai andando?”. È forse la prima volta che qualcuno mi chiama fin da subito con questo titolo, e la cosa mi produce un gran bell’effetto. Scambiamo giusto due parole, piacevolmente, ma poi mi fiondo al piccolo minimarket del paese perché non ce la faccio più dalla fame.
Mentre scelgo cosa acquistare, un cliente molto solare mi fa vivere per la seconda volta in pochi minuti il piacere di essere chiamato e salutato come pellegrino. Si dice amante del Cammino e ci fermiamo a parlare un po’ negli spazi ristretti del negozio. Inevitabilmente, tutti ascoltano il dialogo, il quale si allarga presto alle proprietarie, e ne nasce un gran bel momento. Vengo anche presentato ad un bambino, pare già buon camminatore. Con cortesia, mi mostrano a lui come fossi una specie rara, tentando di instillargli il seme prezioso dell’anima viandante. Speriamo dia frutto, anche se arriva da uno che è solo all’inizio della propria avventura.
Imprevedibilmente, ricevo in dono ciò che volevo acquistare, e si consolidano sempre più in me sentimenti di gratitudine e sorpresa. Ho gli occhi lucidi. Sarò in grado di essere altrettanto generoso quando anch’io tornerò ad una vita meno nomade? Ci spero di tutto cuore.
Saluto queste splendide persone e mi siedo nel parco di fronte per fare uno spuntino. Prima di rimettermi in marcia, mi regalo anche un caffè nel bar vicino, trovando un’atmosfera altrettanto genuina e accogliente, cosa che non riesco e non voglio dare per scontata. Mi domando se questa cordialità soffi nell’anima dell’intero paese.
La sosta è stata rigenerante, ma non abbastanza per far passare del tutto la mia debolezza. La difficile nottata di Lodi, o chissà che, mi ha anche lasciato in eredità un fastidioso raffreddore. Ma avanti tutta! Se ne andrà con il passare dei giorni.
Tornato sulla pista, incrocio tanti ciclisti. Carico di gioia per i begli episodi appena vissuti, ne saluto molti, ma nessuno batte ciglio. Poco conta, mi basta il piacere di regalare il mio sorriso. Incrocio alcune coppie di ogni età a passeggio. Una di queste mi ferma dopo aver visto la conchiglia appesa allo zaino. Hanno già percorso il cammino francese, quello più lungo e famoso, che parte da Saint-Jean-Pied-de-Port. Come alla maggior parte della gente che ha fatto quell’esperienza, sono rimasti particolarmente sensibili ad ogni cosa glielo ricordi, ma un pellegrino giacobeo fuori da casa mi dicono sia una vera eccezionalità. Ci intratteniamo qualche istante con piacere reciproco.
Nei chilometri successivi, purtroppo, ho un calo fisico importante. Nonostante la distanza percorsa non sia stata esagerata e manchi pochissimo alla meta, devo assolutamente fermarmi a riposare. Trovo un fazzoletto di prato coperto d’ombra, proprio a lato della strada. Quasi ci svengo sopra. La mia pressione perennemente bassa a volte ha i suoi vantaggi, ma non certo con un clima del genere. Tento di dormire un po’, forte del largo anticipo rispetto all’orario che mi ha comunicato don Gabriele. Purtroppo, dopo dieci minuti comincia l’inevitabile: il sole si sposta quanto basta perché qualche raggio riesca a passare tra le fronde. Ci sono poche cose che mi lasciano più frastornato dell’essere svegliato così. Cerco ogni soluzione, ma sembra sia destino che debba togliermi da lí. Risultato: riprendo il cammino mezz’ora dopo, più sfinito di quando ero arrivato. Le sensazioni sono simili a quelle di una piccola influenza, ma non ho nessuna intenzione di interrompere già il mio cammino, fosse anche solo per un giorno. Gambe in spalla e, stringendo i denti, raggiungo Castiglione.
Manca ancora almeno un’ora perché possa suonare alla casa parrocchiale, così torno a sedermi, stavolta però al fresco, dentro a un bar in piazza. Ordino un ghiacciolo e mi distraggo un po’ sullo smartphone, scoprendo che questo paese è stato uno dei più colpiti dal virus, con un numero esorbitante di vittime. Oltretutto, trovo scritto che il parroco che mi sta per ospitare è stato protagonista di un gesto forte a fine febbraio, con una risonanza addirittura nazionale. Nel mezzo di quei primi durissimi giorni in cui la malattia flagellava il paese, ha celebrato una messa senza assemblea e impartito una benedizione solenne, col Santissimo portato sul sagrato vuoto. Mentre tutta la gente stava chiusa in casa terrorizzata da quell’onda tragica, le campane irradiavano l’annuncio di quel gesto in ogni angolo del paese. Un rito particolarmente iconico, al di là di ogni fede religiosa.
Arrivata l’ora concordata, vengo accolto a braccia aperte da don Gabriele. La casa è ampia e molto accogliente. Per la notte mi offre l’uso di un’intera stanza che, pur semplice, è arredata con mobilio antico, dandomi quasi l’impressione di essere in una sagrestia. Semplicemente non sono abituato, ma presto prevale l’euforia per tutte le comodità che mi sono state offerte, e così comincio ad allargarmi alla mia maniera, trasformandola in un vero accampamento.
Do una lavata a maglietta, mutande e calze e le stendo su un filo tirato tra appigli improbabili. I mille colori del mio guardaroba ambulante, sparsi ora tutti attorno, mi aiutano a sentirmi più a mio agio.
Posso approfittare addirittura di una piccola vasca, una di quelle in cui si entra aprendo uno sportello e ci si mette a mollo da seduti. Un’esperienza che pensavo avrei fatto molto più in là negli anni. “Tutta grazia!”, come si dice, e infatti ne esco davvero riposato.
Ho del tempo a disposizione, e lo uso prima per riposare e poi per le solite cose: diario, studio delle tappe successive e così via. Domani sarà un gran giorno: finalmente interecetteró la Via Francigena. Questo porterà molti cambiamenti: non dovrò più inventarmi i percorsi, ma basterà seguire le indicazioni; potrò fare capo a una filiera di luoghi d’accoglienza ad hoc; inoltre incontrerò sicuramente qualche altro pellegrino, anche se probabilmente diretto in senso contrario al mio, verso Roma. C’è addirittura un’applicazione che agevola il viandante in ogni sua necessità. Credo davvero sarà tutto molto diverso.
Arrivata l’ora della cena, raggiungo don Gabriele che mi aspetta in cucina. Sceglie di preparare una buona amatriciana con un sugo regalatogli da qualche parrocchiana. Parliamo molto piacevolmente di tutto e di più, spostandoci poi in salotto. Di fronte al divano mi colpisce un tavolino basso stracolmo di libri: sembrano diverse decine, posti tutti in pile ordinate. Mi spiega che ama lasciarli lì ad attenderlo, oppure anche dopo che li ha letti. L’effetto non è niente male; credo che in futuro gli ruberó l’idea. Alle pareti stanno appese alcune opere d’arte che a loro volta attirano la mia attenzione. Ci perdiamo a parlare un po’ anche di quelle, ma ben presto le palpebre di entrambi iniziano a farsi pesanti. Non rimane che augurarsi la buonanotte, solo che mentre io vado a dormire, lui invece ha ancora qualche impegno da sbrigare in chiesa.
La vita dei sacerdoti è molto meno scontata di quanto si possa pensare. Ho lavorato per alcuni anni al servizio di una congregazione, e ne ho conosciuti molti altri nei contesti più disparati: chissà che forse non ne scriva in futuro…