(Gîte Le Moulin des Baronnies)
21 km
Anche oggi seguirò il percorso della piccola guida di Radio Camino. La tappa sarà breve, quindi approfitto dell’opportunità e me la prendo comoda, partendo più tardi del solito.
Comincio col percorrere una strada asfaltata ai piedi di basse montagne, dietro le quali dominano i Pirenei veri e propri. Il tempo nuvoloso e cupo rende l’atmosfera severa, ma il verde dei prati sa distendere l’animo anche in queste condizioni.
Raggiungo e attraverso un paio di villaggi: Gazave e Mazouau. Un’anziana signora con una giacca da lavoro ben imbottita sta spingendo una carriola carica di materiale. Sono le otto e mezza di domenica mattina e fa un certo freddo: “Questa donna dev’essere proprio tosta”, penso tra me. Inaspettatatmente, proprio nel pieno dello sforzo, trova anche il modo di sorridermi e augurarmi buona giornata. Non saprà mai quanto piacere mi abbia fatto.
Dopo Mazouau, continuo lungo una valletta deliziosa, per poi salire una collina fino a Bazus-Neste. Le case grigie e con i tetti a lose mi ricordano tantissimo quelle viste nella tappa per Augirein. Alcune sono cottage davvero belli, altre solo vecchie e trasandate, moltissime sono affiancate da capanni che fanno da rimessa, fienile o stalla. L’altitudine di questi luoghi è minima, eppure continuano a darmi la sensazione di essere in qualche borgo di montagna.
Superata l’ennesima chiesa con cimitero annesso, scendo verso il fiume Neste – quello che dà il nome al territorio che sto attraversando.
Presso Lortet, mi imbatto in una giovane coppia tutta indaffarata a caricare una vecchia Panda 4×4. Mi salutano cortesemente e mi chiedono dove sia diretto. Si rallegrano per la risposta e mi chiedono se per caso io voglia accompagnarli: stanno per andare a funghi. È probabilmente l’invito più bello che mi sia stato fatto fin qui, ma spiego che non riuscirei a conciliare quella generosa opportunità con il mio programma di oggi. Li ringrazio di cuore e gli auguro buona “caccia”, dopodichè supero un ponte e comincio a salire per la via principale del paese.
Dieci minuti dopo, in un giardino privato noto uno degli alberi più grandi che io abbia mai visto. Il fusto ha un diametro alla base di almeno due metri. È uno spettacolo bellissimo. So bene che ce ne sono di molto più grandi, ma il mio sguardo è inesperto e resto incantato. Credo sia una sequoia, ma non ne sono sicuro.
Mentre lo osservo, penso al fatto che di certo è vivo da prima che io nascessi, e con buona probabilità mi sopravviverá. Ha visto il mondo cambiargli attorno, forse poco, o forse no. Sfiora il cielo costantemente, ha conosciuto ogni goccia di pioggia caduta nei paraggi da quando lui esiste, e non c’è stato un raggio di sole che gli sia sfuggito. Sperimenta la mutevolezza dell’aria aperta costantemente, ma allo stesso tempo vive per metà come un cieco, nel buio della terra. Probabilmente non ha la minima coscienza, ma tutto questo non significa sia meno vivo di me in questo strano universo.
Mi emozionano, gli alberi. Sembrano muti e immobili, ma sono sempre più convinto non sia così. In qualche modo comunicano, ne sono sicuro. Non so come, ma lo sento. Il pensiero forse più bizzarro, però, è soprattutto il percepirli tutt’altro che statici. Si muovono eccome, invece: sono solo infinitamente più lenti rispetto a noi.
Io dico che abbiamo in comune con gli alberi molto più di quanto saremo mai capaci di ammettere, e forse anche di scoprire.
Lascio quella creatura e cammino per un paio di chilometri lungo il GR78: sarà l’unico tratto che percorrerò oggi. In leggera discesa, arrivo quindi a Labastide. Vedo il villaggio fin da lontano, adagiato al centro di una piccola conca verde coronata di colline. Per quanto ci sia molto di diverso, davanti a questo scenario rivivo impressioni provate qualche giorno fa a Saint-Lary, o anche a Portet-d’Aspet. Forse è il concerto di mille tonalità di grigio e verde, chissà.
In mezzo ad un crocevia, un cane di passaggio si ferma, si gira verso di me, mi guarda per qualche secondo, poi si volta e se ne va. Nel frattempo una mucca osserva la scena ruminando. A volte questa può essere tutta la movida che anima la giornata di un pellegrino, altro che Navigli!
Attraverso l’abitato fino all’ennesimo crocifisso, ma in contesti simili diventa un segno che si fatica ad associare alla speranza e alla gioia. Certo, una bella giornata di sole permetterebbe a questo territorio, questa tipologia di abitazioni e perfino a questo stesso crocifisso di mostrarsi in tutt’altro modo, in tutto il loro meglio – magari in primavera, circondati da migliaia e migliaia di fiori. E chissà quanto devono essere belli albe e tramonti in cima a qualcuno di questi colli! Non rimane che sperare prima o poi di poterci tornare, e scoprire se ci ho visto giusto.
La strada ora sale un po’. In alcuni tratti è letteralmente scavata nel terreno, scendendo perfino due metri sotto il livello dei campi circostanti. Quella soglia terrosa che costeggio forma un’onda scura che parrebbe esser traccia di una melodia. Il ritmo, invece, è scandito dalle piante e dai paletti delle recinzioni.
Sono pensieri e rappresentazioni che nascono nella trance del cammino, soprattutto quando gli elementi attorno a me sono pochi: mi ci sento in armonia e la testa si scatena con le sue invenzioni.
A un bivio mi aspetta un cartello di legno grezzo con una grossolana freccia gialla. Sopra ci campeggiano i nomi di Lourdes e Santiago scritti in blu, ovviamente con annesso chilometraggio mancante. “Incredibile”, mi dico, “Ancora due giorni e sarò a Lourdes!”.
Ammetto che non ho mai provato una venerazione spontanea nei confronti della Madonna, forse perché mi sono sempre sentito poco a mio agio nella moltiplicazione delle figure di riferimento nel mio percorso di fede, ma Lourdes resta comunque una località dalla fama internazionale, una meta di pellegrinaggio tra le più note al mondo, e io…la sto raggiungendo addirittura a piedi. Più pellegrinaggio di questo! Lo dico per scherzo, ma chi l’avrebbe mai detto che avrei vissuto un’esperienza simile.
Ad ogni modo, non ci voglio arrivare con arroganza o superficialità. È una città dove convergono da lungo tempo migliaia e migliaia di uomini e donne carichi dei loro dolori e delle loro speranze più profonde. Non può essere un luogo qualsiasi, questo lo credo con convinzione, e fin da quando ho pensato al viaggio per la prima volta l’ho sempre vista come una tappa intermedia molto importante. Ora però meglio darsi una mossa, o non ci arriverò più.
Dopo Prat – un’altro piccolo abitato – mi trovo a percorrere alcuni chilometri mozzafiato, a mezza costa su alcuni monticcioli tondeggianti. Quasi costantemente, posso godere di panorami ampi che degradano verso l’orizzonte, chiacciati da un cielo che continua a sembrare un’infinita massa di bambagia scura.
Cammino su asfalto e praticamente mai all’interno dei boschi, ma per la mia gioia incontro mucche e pecore in quantità.
Pioggia, verde e animali al pascolo mi sussurrano il nome di un Paese dove mai sono stato, l’Irlanda, e non è la prima volta durante questo viaggio. È una meta che sta aspettandomi da vent’anni, ma non ne farò passare altrettanti, promesso!
Mentre tra le nuvole filtra per un attimo un po’ di luce, raggiungo il villaggio di Lahitte. Con mia gran sorpresa, affacciata alla finestra della prima casa che incontro, una donna esplode in un saluto raggiante appena mi vede arrivare: “Buen camino!”. Ringrazio di cuore e ci salutiamo scuotendo la mano aperta. Mi piace questo gesto: è squillante e dà forma alla gioia dell’incontrarsi. Tra sconosciuti, poi, è ancora più gratificante. Quante volte avrei avuto bisogno di niente più che questo!
Devo essere sincero, però, e ammettere che da queste parti di segni gratuiti di accoglienza, allegria e generosità ne ho ricevuti tanti. Se poi provo a radunare nella memoria tutti quelli raccolti fin dalla partenza, il bicchiere diventa mezzo pieno. Anzi, straborda.
E poi diciamoci la vertà, se proprio tutto mi salutassero diventerebbe presto un’esperienza insopportabile, probabilmente addirittura inquietante. No?
Il paesino successivo è niente più di una breve via con qualche casa e un paio di capanni: si chiama Lasserre. Dei cani mi abbaiano contro. La padrona esce e resta perplessa nel vedermi imboccare la strada a passo deciso, e infatti scopro che è a fondo chiuso. Ristudio bene la mappa, torno indietro, poi riprovo. Eppure dev’essere qui da qualche parte! La signora rientra in casa senza pronunciare parola, ma alla fine scopro che la svolta è proprio dietro quella stessa ’abitazione. È un sentierino quasi invisibile che si tuffa a valle: un corridoio ombroso, ma affacciato su una bella radura in fondo alla quale sbuco su una strada dipartimentale tutta curve. Mi porta a destinazione in un paio di chilometri seguendo il fiume Aros, che scava questa valle stretta e stracolma di vegetazione.
Attraversato il corso d’acqua, costeggio un bel campo da rugby e altri impianti sportivi, poi comincio a vedere degli edifici più vecchi, qualche tavolo di legno e delle bandierine colorate tutte appese. Sono arrivato al Moulin-des-Baronnies, uno dei tantissimi mulini di questo dipartimento. Fa capo al paese di Sarlabous, ma il nome richiama invece quello dell’area storico-naturale dove ho camminato gran parte della giornata: le Baronnies, appunto.
C’è un negozio di prodotti locali e un campeggio, ma il primo è chiuso e il secondo sembra vuoto. Al telefono ero stato avvisato, però. Le chiavi del gîte mi aspettano nella cassetta della posta: ancora una volta una grande casa d’accoglienza tutta per me. Certo, c’è un aspetto negativo: stare in spazi così ampi accentua il senso di solitudine che a volte mi solletica, ma reggo sempre bene il colpo.
Sembrererbbe che lo star viaggiando basti di per sé a farmi stare bene. Per non parlare poi del piacere di concludere una tappa, che regala sempre un’ulteriore dose di gratificazione, ottimo antidoto ad ogni malumore.
La cosa folle, però, è che è solo mezzogiorno e mezzo. Oggi è stata veramente breve, non sono per niente abituato. Chilometraggi come questo equivalgono praticamente ai giorni di riposo che non mi sto prendendo. Perfetto così. Non resta che sistemarsi e prepararsi il pranzo.
Nel pomeriggio, mentre aspetto l’arrivo della signora con cui ho parlato per la riscossione dei soldi, approfitto del wi-fi per vedermi un film: “Dio esiste e vive a Bruxelles”, una simpatica perla. Consigliatissimo!
Proprio subito dopo il termine, arriva lei: Alida. È una basca francese molto giovanile, con la quale mi sento pienamente a mio agio fin dal primo secondo – davvero una sintonia singolare. Ne nascono una decina di minuti divertenti e leggeri. Una volta pagato e timbrata la credenziale, poi, mi permette anche di acquistare un paio di cose dal negozio nonostante sia chiuso.
Prima di salutarmi, si premura di un’ultima cosa: mi chiede se ho qualcosa per ripararmi il collo.
Wow, non ci posso credere! Avevo perso il mio scaldacollo proprio quattro giorni prima, a Augirein, ed era stato un bel cruccio perché sta avvicinandosi un altro abbassamento di temperatura. Un’altra sorpresa direttamente dal cammino: incredibile!
È successo proprio come con Fabian a Malegoude, quando mi porse un’intera scatola di conchiglie senza che gli avessi detto nulla. In tutti e due i casi mi ero rivolto al cammino stesso, come fosse un’entità a sé stante. Lo avevo fatto per gioco, sull’onda di alcuni racconti di amici e amiche pellegrini che già avevano passato esperienze simili, ma certamente viverle fa tutto un altro effetto.
Rispondo quindi alla domanda di Alida spiegandole anche questi dettagli. Lei sorride e mi invita ad aspettare, quindi esce per un minuto e torna con una fascia del tutto simile a quella che avevo perso, e poi addirittura una seconda, in pile. Che dire? I doni perfetti al momento giusto!
La saluto con gratitudine e gioia. Aldilà del regalo, è certamente stata la persona con cui sono stato più naturalmente bene in queste settimane: una sensazione fiorita nella leggerezza, ma non per questo è qualcosa di poco conto. Vivere la sensazione di conoscersi già, di essere in sintonia senza fatica, sono convinto sia una delle cose più belle che si possono vivere. Dico sul serio, e non penso di esagerare.